30.12.17

Bilancio WWF di fine anno: il bello e il brutto per l’ambiente abruzzese nel 2017


Ancora un anno difficile per l’ambiente abruzzese. Problemi di ogni tipo, ma quasi sempre riconducibili alla mano dell’uomo, continuano a colpire la nostra regione e la sua straordinaria natura. Il 2017 sarà ricordato per la tragedia di Rigopiano e per gli incendi, tragici episodi determinati in tutto o in parte da inefficienze ed errori umani, per il terremoto e le forti nevicate, eventi che hanno finito per segnare la vita di tanti abruzzesi. Purtroppo il conto di scelte sbagliate è stato presentato nel peggiore dei modi, ricordandoci per l’ennesima volta che investire nella corretta gestione del territorio e nella prevenzione è indispensabile.
Fortunatamente non sono mancate le note positive dovute anche all’azione di cittadini e associazioni che in alcuni casi sono riusciti a contrastare efficacemente scelte politiche sbagliate.
L’impegno del WWF è stato costante per tutto l’anno. Attraverso la delegazione regionale, le quattro organizzazioni locali (WWF Abruzzo Montano, WWF Chieti-Pescara, WWF Teramo e WWF Zona Frentana e Costa Teatina), le Oasi, i numerosi Centri di Educazione all’Ambiente e i nuclei di vigilanza ambientale, il WWF è stato presente in tutte le principali battaglie in difesa della natura abruzzese, e ha anche messo in campo attività propositive con progetti nazionali e internazionali di conservazione della natura e di valorizzazione e promozione del territorio.
È veramente difficile ripercorrere in poche righe un intero anno. Ci abbiamo provato attraverso 10 punti che riassumono le principali tematiche ambientali che hanno interessato il 2017.

Abruzzo a fuoco.
Nell’estate 2017 il fuoco ha distrutto oltre 6.000 ettari d’Abruzzo. 216 incendi hanno interessato 136 Comuni su 305 con gravi danni per ambiente e forti rischi per la salute dei cittadini. Tutta la nostra regione è stata interessata, ma il Monte Morrone nel Parco Nazionale della Majella attraversato dalle fiamme per oltre 2 settimane ha rappresentato l’immagine simbolo dell’estate. Un simbolo del fallimento delle politiche di prevenzione e della gestione dell’emergenza che pochi giorni prima aveva caratterizzato anche il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga con l’incendio a Campo Imperatore, sviluppatosi durante la Fiera della pastorizia. I danni agli ecosistemi sono stati incalcolabili, i costi per la collettività per l’azione antincendio di oltre 1 milione di euro. Dietro questi roghi, come sempre, c’è stata la mano dell’uomo che per i motivi più disparati ha distrutto un patrimonio naturale di enorme valore e ha messo in pericolo la vita di tante persone.

Acqua a rischio.
Il simbolo del 2017 è sicuramente la folla che si accalca nei negozi del teramano per acquistare acqua in bottiglia dopo che, tra l’8 e il 9 maggio, è stata interrotta l’erogazione di acqua proveniente dal Gran Sasso d’Italia. All’improvviso si è tornati a fare in conti con l’interferenza tra i Laboratori di Fisica Nucleare, le gallerie autostradali e un acquifero che rifornisce oltre 700.000 abruzzesi. Il WWF, insieme ad altre associazioni, ha dato vita a un Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso che in pochi mesi ha organizzato iniziative per far conoscere la realtà e ha portato a una grande manifestazione a Teramo il 15 di novembre con migliaia di cittadini in marcia per chiedere sicurezza per l’acqua che arriva nelle nostre case e trasparenza nella gestione di questa risorsa. Una mobilitazione che purtroppo si è dovuta scontrare contro il muro di gomma della Regione che finora si è rifiutata di aprire il confronto con l’Osservatorio e con le comunità locali.

Aree protette: tra parchi fantasma e leggi ferme.
Anche il 2017 è passato senza che fosse completato l’iter istitutivo del Parco della Costa Teatina. Una politica incapace e interessi localistici stanno tenendo fermo il parco da oltre 16 anni! Una vergogna senza alcuna giustificazione, visto che è stato perfino nominato un commissario governativo il cui lavoro sulla perimetrazione è abbandonato nei cassetti del Governo nazionale ormai dall’aprile del 2015. Grande responsabilità di questo stato di cose è della Regione Abruzzo che ha continuato con la sua politica dilazionatoria a dar seguito a pochi sindaci che si oppongono al parco esclusivamente per poter continuare a costruire anche negli ultimi tratti di costa rimasti liberi dal cemento.
Altra vergogna è il fatto che per tutto il 2017 il Parco regionale Sirente-Velino ha continuato ad essere commissariato. Una situazione senza alcuna motivazione che sta facendo morire il parco ormai senza più alcuna spinta propositiva da anni. E anche la legge regionale sulle aree naturali protette si sta muovendo con fatica. Durante il 2017 il WWF, insieme ad altre associazioni ambientaliste, si è impegnato in un confronto con l’assessorato regionale ai parchi per arrivare a completare la legge di riforma, che continua tuttavia a non approdare in aula per la fase finale del confronto con i portatori di interesse e con il consiglio regionale.

Caccia.
Dopo un decennio di sconfitte al TAR e al Consiglio di Stato, che hanno puntualmente accolto i ricorsi del WWF contro i calendari venatori abruzzesi, la Regione ha adottato un calendario venatorio almeno rispettoso della legge e senza preapertura. Un primo passo avanti significativo che però viene smentito dalla gestione del cinghiale attuata attraverso un piano che punta esclusivamente sull’azione dei cacciatori che da sempre si è mostrata del tutto inefficace nel limitare i danni ai coltivi. I cacciatori sono la causa del proliferare dei cinghiali che furono immessi a scopo venatorio e non possono essere certo la soluzione del problema rappresentando la categoria che proprio dai cinghiali trae i maggiori vantaggi. La mancanza di controllo del territorio a causa della diminuita presenza delle polizie provinciali e della trasformazione del Corpo Forestale dello Stato sta portando poi a un proliferare di cacciatori senza regole che mettono a rischio escursionisti, agricoltori e semplici cittadini.

Mobilità sostenibile: passi avanti sul progetto “Bike to coast”.
Anche nel 2017 si è celebrata la tradizionale Biciclettata Adriatica del 2 giugno che ogni anno vede una sempre maggiore partecipazione con centinaia di appassionati e tante famiglie lungo la costa abruzzese. E quest’anno si è potuto festeggiare da un lato l’avvio del completamento del tratto del percorso “Bike to coast” del teramano, e dall’altro la partenza dei lavori per il tratto teatino. L’Abruzzo potrebbe avere nel giro di pochi anni una pista ciclabile lungo tutta la sua costa da unire alle piste ciclabili delle Marche attraverso un progettato ponte sul fiume Tronto.
Nel frattempo si ipotizzano nuove piste lungo i fiumi così da consentire anche i collegamenti verso l’interno. Le ciclabili, infatti, se realizzate nel rispetto dell’ambiente possono rappresentare effettivamente un modo efficace anche per riqualificare luoghi abbandonati e per aumentare i controlli anti-vandalismo.
Dove si continua invece ad essere carenti è sulla mobilità urbana. Nonostante la legge regionale del 2013 e la legge nazionale sulla mobilità ciclistica recentemente approvata, sono pochissimi i comuni dove è possibile andare in bici a lavoro e a scuola in maniera sicura.

Energia: tra fonti fossili e speranze.
Sicuramente il definitivo smantellamento della piattaforma Ombrina Mare nel mese di ottobre ha coronato un impegno senza pari che ha visto una intera regione opporsi alla nascita di nuove trivelle petrolifere davanti alla costa teatina. Ma purtroppo la nostra regione continua ad essere considerata dal Governo nazionale distretto petrolifero e circa metà del nostro territorio e gran parte del mare antistante la costa continua a essere interessato da richieste o concessioni per ricerca, estrazione o stoccaggio di idrocarburi.
Negativo poi è stato il via libera dato proprio a fine anno alla centrale di compressione di Sulmona. Uno schiaffo alle scelte di un territorio, un azzardo per le caratteristiche dell’area dove dovrebbe sorgere e la prova che a livello nazionale si vuole insistere su strategie energetiche errate. Lo stop all’autorizzazione di cui si è parlato ieri sarebbe un atto dovuto per far riprendere un dialogo sul tracciato del gasdotto SNAM. Discorso analogo per il minacciato prelievo di gas nei pressi della diga di Bomba: un progetto bocciato persino dal Consiglio di Stato continua a restare in piedi per la colpevole inerzia del governo nazionale.
E vogliamo considerare una prova della crescita della consapevolezza dei cittadini anche l’adesione che registra in Abruzzo l’Ora della Terra, la campagna internazionale del WWF contro i cambiamenti climatici. Quest’anno ben 50 realtà della nostra regione hanno aderito spegnendo simbolicamente le luci dei più importanti monumenti e edifici per richiamare l’attenzione sulla necessità di adottare scelte energetiche sostenibili che facciano a meno delle fonti fossili.

In ginocchio per il maltempo.
La tragedia di Rigopiano è stata solo l’aspetto più tragico del maltempo che ha colpito l’Abruzzo a inizio anno. Sembra assurdo che nel 2017 si possa morire in un albergo travolto da una valanga ed è doveroso che la magistratura accerti al più presto la verità e individui eventuali responsabilità sia per le autorizzazioni che per i ritardi. Le nevicate di quei giorni hanno però messo in ginocchio un’intera regione: i ritardi accumulati nel ripristinare l’energia elettrica, nel riattivare il riscaldamento delle abitazioni e nel raggiungere i paesi rimasti isolati per giorni non sono giustificabili. Al di là dell’eccezionale impegno dei singoli, quanto si è verificato, e che potrà verificarsi puntualmente alla prossima “emergenza”, non è soltanto la conseguenza di condizioni straordinarie, ma anche di un sistema di gestione che mostra ormai tutti suoi limiti: continui tagli ai servizi essenziali, riforme che cambiano situazioni consolidate senza prospettarne altre, catene di comando saltate, mancanza di manutenzione producono quanto abbiamo vissuto. E di fronte a simili scenari è obbligatorio cambiare profondamente rotta. Da decenni ripetiamo che l’unica grande opera pubblica di cui questo Paese avrebbe bisogno è la messa in sicurezza del territorio. E invece la logica che è dietro alle politiche di tutti i governi nazionali e regionali succedutisi negli ultimi decenni è quella del consumo di suolo e risorse naturali. Cittadini consapevoli devono chiedere ai propri amministratori politiche nuove. Amministratori responsabili devono attuare queste politiche nuove. Cominciando dal rispettare tutte le aree a rischio, ad esempio cancellando per sempre gli assurdi progetti di chi vorrebbe costruire altri edifici nei pressi del centro commerciale Megalò, realizzato a ridosso del fiume Pescara e che una politica seria provvederebbe a delocalizzare, giammai ad autorizzare ulteriori cementificazioni.

Lupo: l’Abruzzo di nuovo in campo per salvarlo.
La storia della conservazione del Lupo in Italia è legata alla nostra regione. Proprio qui il Parco Nazionale d’Abruzzo e il WWF lanciarono l’Operazione San Francesco che in poco tempo portò il Lupo da specie considerata “nociva”, e quindi cacciata, a specie protetta. Da quel momento questo meraviglioso predatore, allora sull’orlo dell’estinzione, si è potuto naturalmente espandere su tutto il territorio nazionale arrivando fino alle Alpi. Il 2017 si è aperto con un attacco al Lupo. Il Ministero dell’Ambiente ha infatti predisposto il Piano di gestione della specie che, per la prima volta dagli Anni ’70, ha previsto la possibilità di abbattimenti. Proprio dall’Abruzzo è partita una grande mobilitazione con centinaia di bambini delle scuole abruzzesi che hanno partecipato all’iniziativa del WWF “Un disegno per il Lupo” per chiedere di non aprire la caccia a questo splendido animale. Una mobilitazione andata avanti per tutto il 2017 che ha visto tante altre manifestazione e una petizione firmata da oltre 200.000 italiani e che ha consentito di bloccare per tutto l’anno la proposta di rendere legali le uccisioni.

Oasi WWF in Abruzzo: nuovi arrivi e festeggiamenti per traguardi importanti.
Registriamo come nota fortemente positiva la nascita di nuove Oasi WWF in Abruzzo. Grazie all’accordo con il Comune di Vasto dal mese di maggio la Riserva regionale di Marina di Vasto è gestita da WWF e Legambiente, mentre nel mese di dicembre è stato firmato un protocollo di intesa tra il Comune di Ortona, il WWF e il CAI per la gestione delle Riserve naturali regionali “Punta dell’Acquabella” e “Ripari di Giobbe”. In entrambi i casi le associazioni si avvarranno dell’Istituto Abruzzese per le Aree Protette (IAAP) che in Abruzzo cura la gestione tecnica di altre riserve regionali affidate al WWF. E proprio le Oasi WWF nel 2017 hanno festeggiato traguardi importanti: i 20 anni dell’Oasi WWF delle Gole del Sagittario ad Anversa degli Abruzzi e i 30 anni dell’Oasi WWF del Lago di Penne. Due realtà ormai forti e consolidate che, grazie all’impegno delle comunità locali, dei volontari e degli operatori del WWF, rappresentano delle eccellenze nella gestione delle aree protette in Italia.

Rifiuti e discariche.
Qualche elemento di novità si intravede nel campo dei rifiuti e delle bonifiche. La Giunta regionale ha approvato il nuovo piano regionale dei rifiuti. Un passo avanti importante, ma non risolutivo perché ora si dovrà attendere l’approvazione da parte del Consiglio regionale. Al tempo stesso non decolla l’Autorità per la Gestione Integrata dei Rifiuti regionale (AGIR) che avrebbe dovuto mettere ordine nella babilonia delle molteplici gestioni. Sul piano delle bonifiche si registra una positiva accelerazione per quanto riguarda il Sito di Interesse Nazionale di “Bussi sul Tirino” per il quale sembra che si voglia finalmente iniziare a recuperare il tempo perduto. Nel 2017 sono state poste le basi, con una serie di incontri al Ministero dell’Ambiente, ora si tratta di cominciare finalmente a rimuovere davvero i rifiuti: sono trascorsi ben 10 anni da quando quell’emergenza tornò clamorosamente in primo piano ed è del tutto inaccettabile che non sia neppure iniziata la “pulizia” di un territorio offeso nel peggiore dei modi.

Non sarebbe stato possibile chiudere questo bilancio del 2017 senza ricordare il generale Guido Conti, tragicamente scomparso nel mese di novembre, che alla nostra regione ha dato tanto nel campo della difesa dell’ambiente e della natura a cominciare proprio dalle indagini sui rifiuti sepolti a Bussi.

22.12.17

Acque sporche nel Vomano



Questa mattina il WWF Teramo ha segnalato ai Carabinieri l’ennesimo fenomeno di inquinamento del Fiume Vomano.
Nei pressi del Ponte di Fontanelle, tra Notaresco e Atri, il Fiume appare di coloro rossastro bruno. L’acqua sporca sembra arrivare da un canale laterale e l’area si trova vicino alla zona industriale.
Non è certo la prima volta che il Fiume Vomano è vittima di episodi del genere. Il Vomano e tutti gli altri fiumi della Provincia di Teramo sono infatti costantemente sotto attacco.
Tagli sconsiderati della vegetazione, costruzioni lungo le sponde, sottrazione di materiale solido, deviazioni del flusso naturale delle acque e inquinamenti di ogni tipo: tutti problemi che, oltre a determinare un danno dove si verificano, hanno pesanti ripercussioni lungo tutta l’asta fluviale fino alla foce, con conseguenze dirette anche sullo stato di salute del mare.
Tutti i corsi d’acqua sono ecosistemi importantissimi per la vita e l’economia di un territorio, ma sono anche estremamente delicati.
Per il WWF sono necessari maggiori controlli sul territorio e pene certe per coloro che determinano questi danni all’ambiente e di conseguenza alla salute dei cittadini.
Per questo il WWF auspica un pronto intervento da parte degli organi competenti per accertare cosa si è verificato e le responsabilità di quanto è successo.

17.12.17

Tutela del mare: nelle Marche nasce il coordinamento interassociativo


Le Associazioni, Slow Food, Legambiente, MareVivo, WWF, Italia Nostra, LIPU, Marche a rifiuti zero, insieme ad un nutrito gruppo di esperti, coordinati dalla Società Operaia «G. Garibaldi», hanno fondato il 16 dicembre 2017 a Porto San Giorgio (Fermo) il Comitato di volontariato denominato “Torri A Guardia della Costa e del Mare Adriatico”, sottoscrivendone l’atto costitutivo.
Il Comitato, più semplicemente identificato anche con l’acronimo “TAG Costa-Mare”, ha l’obiettivo di promuovere una rete di aree protette lungo la costa marchigiana, che comprenda aree terrestri costiere ed aree marine, nell’ambito dei sistemi di protezione naturalistica e storico-culturale collegati alle normative esistenti, con particolare riguardo alla Rete europea denominata “Natura 2000”.
Durante una affollata Conferenza Stampa tenutasi presso la sede della Società Operaia “G.Garibaldi“ di Porto San Giorgio, che sarà sede del Comitato, si è parlato dell‘importanza del territorio costiero medio-adriatico, costituito da valenze ambientali peculiari e riconosciute di livello regionale ed Europeo. E‘ stato evidenziato anche, però, come la presenza e l’espansione sullo stesso territorio di numerose infrastrutture, pur di interesse collettivo, ne minano la persistenza e la tutela, in un contesto già pesantemente gravato da una presenza antropica massiccia.
Il Comitato si propone di agire, informando capillarmente la popolazione e le amministrazioni interessate; garantendo la partecipazione di cittadini, associazioni ed enti, che vogliano aderire al comitato stesso; promuovendo la sensibilità delle comunità e degli organi istituzionali preposti; sul tema della conservazione di alcune aree costiere e marine da sottoporre a tutela all’interno della rete Natura 2000.
Natura 2000 è il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità: una rete ecologica diffusa su tutto il territorio e il mare dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna terrestri e marine minacciati o rari a livello comunitario.
Il mantenimento di buone qualità della vita rappresenta un valore universale irrinunciabile ed esiste la volontà da parte di una parte consistente della collettività di salvaguardare gli ultimi lembi di territorio costiero ancora non compromesso dalla antropizzazione massiccia che ha interessato la costa adriatica nell’ultimo secolo.
Per tali motivi le finalità che detto comitato si prefigge sono di supportare la Regione Marche nel completare la rete delle aree di maggiore interesse conservazionistico con anche quelle rientranti nell‘ambito costiero-marino sulla base normativa nazionale ed europea e proporre alle amministrazioni comunali di trasformare tale quadro di aree sensibili già esistenti, in una rete di aree ricadenti nella tutela “Rete Natura 2000”.
Coordinatore e portavoce del Comitato è stato nominato l’Avv. Maurizio MATTIOLI, Presidente della Società Operaia “Giuseppe Garibaldi” di Porto San Giorgio (FM).
Hanno sottoscritto lo Statuto del Comitato, nel quadro delle Associazioni costituenti sopra citate (Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Marche Rifiuti Zero, Marevivo, Società Operaia “G.Garibaldi”, Slow Food, WWF) i seguenti soci fondatori: Jacopo ANGELINI, Andrea BAGALINI, Luisa CAMPLESE, Dante CASERTA, Marco CERVELLINI, Stefano CHELLI, Richard DERNOWSKI, Gioacchino A. FASINO, Maurizio MATTIOLI, Sabrina PETRUCCI, Francesca PULCINI, Stefano QUEVEDO, Luigi SILENZI, Serena SGARIGLIA, Federico SPAGNOLI, Gabriele TARSETTI, Sergio TREVISANI, Maria Luisa URBAN, Fabio VALLAROLA.
Il Comitato rimane aperto a chiunque altro ne condivida i principi ispiratori e vi vuole aderire, singoli o associazioni, in forma libera e gratuita.

12.12.17

Caccia al cinghiale di notte: bene ha fatto il Sindaco di Atri a vietarla!

 
Per il WWF la decisione del Sindaco di Atri di vietare ogni forma di attività venatoria di controllo della specie cinghiale nel territorio comunale dal tramonto sino ad un’ora prima del sorgere del sole sia un atto dovuto di assoluto buon senso che, per la salvaguardia dell’incolumità di tutti, anche gli altri sindaci dovrebbero adottare.
L’errore è stato commesso dalla Regione Abruzzo che con il Piano di controllo approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 224/2017 sta consentendo la caccia anche nelle ore serali al buio.
Come è evidenziato nell’atto del Comune, nel territorio di Atri, esattamente come avviene negli altri comuni abruzzesi, si procede a battute di caccia nelle ore serali, anche in assenza di luci e spesso con inseguimenti di cinghiali a bordo di fuoristrada in aree adiacenti ad abitazioni e insediamenti privati.
Siamo ormai al Far West venatorio!
I controlli sono ormai quasi del tutto assenti e la caccia alla cinghiale è praticamente consentita sempre e comunque.
Con la scusa del contenimento del numero dei cinghiali, i cacciatori sono diventati i padroni assoluti del territorio. Proprio loro che con le liberazioni di cinghiali effettuate negli anni passati a scopo venatorio sono gli unici responsabili, insieme agli amministratori regionali e provinciali del tempo che le consentiranno, del sovrannumero della specie e di conseguenza dei danni ai coltivi.
Sono tanti i cittadini che segnalano situazioni di pericolo in cui vengono a trovarsi a causa della continua presenza di cacciatori nei pressi delle abitazioni.
Il problema dei danni da cinghiali non verrà mai risolto fino a quando si continuerà ad affidare ai cacciatori la ricerca della soluzione. È paradossale che coloro che hanno determinato il problema vengano premiati con la scusa di doverlo risolverlo. Senza considerare che la categoria che ha meno interesse a ridurre il numero dei cinghiali è proprio quella dei cacciatori che certo non vuole rinunciare al divertimento di poter sparare tutto l’anno, né tantomeno alle cospicue entrate in nero che provengono dalla vendita non regolamentata della carne dei cinghiali uccisi.

9.12.17

L'Osservatorio Indipendente sull'Acqua del Gran Sasso scrive ai consiglieri regionali in vista del dibattito del 12 dicembre


In vista del dibattito previsto in consiglio regionale il prossimo 12 dicembre, l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI, ha inviato al Presidente della Regione, agli Assessori e a tutti i Consiglieri una scheda sulla situazione dell’acquifero del Gran Sasso.
Seppur brevemente, l’Osservatorio ha voluto fornire ai Consiglieri una ricostruzione di questi ultimi 15 anni. La vicenda dell’acquifero del Gran Sasso, infatti, si trascina ormai da molto tempo e sarebbe sbagliato che tutto il dibattito si incentrasse sull’esperimento SOX, che ancora non è partito, trascurando l’aspetto centrale della questione: l’interferenza delle gallerie autostradali e dei Laboratori con l’acquifero del Gran Sasso. Purtroppo tutte le polemiche di questi ultimi giorni sembrano più che altro finalizzate a distrarre dai veri problemi.
Sono passati più di 7 mesi dall’incidente dell’8/9 maggio e la situazione è rimasta pressoché identica.
Le sostanze pericolose continuano ad essere stoccate nei Laboratori in una situazione che non garantisce la sicurezza, così come continuano ad esserci i punti di interferenza tra le gallerie autostradali e l’acquifero.
Gli ulteriori strumenti di controllo sull’acqua promessi da prima dell’estate ancora non sono stati messi in funzione, né vi è stata una presentazione sulla loro efficacia.
Non risulta che siano stati approntati nuovi strumenti per gestire eventuali emergenze in maniera meno confusa di quanto avvenne in occasione dell’incidente dell’8/9 maggio.
Non vi sono informazioni sulla soluzione che si vuole adottare da adottare per mettere definitivamente in sicurezza l’acquifero: si sa solo che sono stati coinvolti nell’analisi e nella progettazione alcuni degli stessi progettisti che hanno già lavorato durante la gestione commissariale.
E non si è fatto nessun passo in avanti sulla partecipazione che continua ad essere negata alla società civile sia alla Commissione regionale che al Tavolo nazionale sulla situazione dell’emergenza Gran Sasso.
Il Consiglio regionale del 12 dicembre può essere un’occasione importante: l’Osservatorio auspica che i consiglieri vogliano veramente approfondire la problematica e che inizino a dare qualche risposta concreta, magari iniziando ad ascoltare quanti, inascoltati, per anni hanno denunciato i problemi che poi si sono puntualmente verificati.

8.12.17

Il Panda incontra il Teramo Basket 1960!







Appello per la Natura italiana, in difesa dei parchi!


“La legge quadro sulle aree naturali protette (Legge 6 dicembre 1991, n. 394) ha rappresentato un punto di svolta nella tutela della natura italiana, consentendo di passare da poche aree protette ad un sistema di parchi e riserve che attualmente protegge oltre il 10% del territorio italiano. Non a caso viene considerata la ‘Costituzione delle aree protette italiane’, presa peraltro a modello da altre legislazioni. Oggi, una proposta di legge in discussione al Senato intende apportare delle modifiche che finirebbero per peggiorarla pesantemente. Se è vero che dopo 25 anni qualsiasi legge necessita di una verifica e di modifiche, è altrettanto vero che il testo in discussione non risolve nessuno dei problemi evidenziatisi nella gestione delle aree protette, ma anzi finisce per aggravarli, complici numerose modifiche apportate in maniera disorganica negli anni passati”. Lo si legge in un appello nato in maniera spontanea dal confronto nato nell’ampio movimento di associazioni e di uomini della cultura, delle aree naturali protette, dell’università e della ricerca che da tempo hanno evidenziano i molteplici aspetti negativi della riforma avanzando puntuali proposte alternative che, purtroppo, non sono state accolte.
Un appello ‘aperto’ che di giorno in giorno continua a ricevere nuove adesioni e che è rivolto al presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni, al ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Gian Luca Galletti, al ministro della Giustizia Andrea Orlando, al ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina, al ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, al ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, al viceministro dello Sviluppo Economico Teresa Bellanova, al presidente della Commissione Ambiente del Senato Giuseppe Marinello, al vicepresidente della Commissione ambiente del Senato Massimo Caleo, a tutti i componenti della commissione ambiente del Senato e ai presidenti di tutti i Gruppi parlamentari del Senato.
“Senza voler mettere in discussione l’impegno dei parlamentari che hanno elaborato il testo, dobbiamo affermare con forza che il lavoro avviato non può ritenersi completato, essendo peraltro mancato anche un iniziale momento di bilancio, esame e confronto come la terza Conferenza nazionale sulle aree naturali protette da più parti richiesta”. Si legge nell’appello che continua: “Restano largamente insoddisfacenti le soluzioni adottate su molteplici aspetti come la governance, la mancanza di obbligatorietà di specifiche competenze per i ruoli apicali, la composizione dei consigli direttivi che si aprono a portatori di interessi economici particolari, le dotazioni organiche e di sorveglianza, la gestione faunistica, la cancellazione del parco nazionale del Delta del Po, la frammentarietà del sistema delle aree marine protette, la previsione di royalty su interventi impattanti nei parchi, e tanto altro ancora come hanno avuto modo di evidenziare in questi ultimi mesi il mondo ambientalista e quello scientifico, oltre a tanti operatori ‘dei’ parchi e ‘nei’ parchi”.
“Non sappiamo, considerati i tempi della legislatura e i moltissimi nodi da sciogliere prima della sua conclusione, come andrà avanti l’esame del disegno di legge, ma per quella responsabilità che sentiamo di avere verso le future generazioni, vi chiediamo una pausa di riflessione che consenta approfondimenti e analisi, indispensabili considerato che è in gioco un patrimonio naturale e culturale senza eguali”, conclude l’appello sottoscritto da 27 tra associazioni, comitati e organizzazioni oltre che da numerosissime personalità del mondo dell’ambientalismo, della cultura e della ricerca”.
Visita la pagina del sito del WWF Italia con l'appello, l'elenco dei firmatari e form per firmare!

Un Natale sostenibile è possibile!


Mancano pochi giorni all’avvio delle feste natalizie e il WWF lancia il suo "Natele sostenibile in 10 mosse", il tradizionale “Dec-Albero” dell’Associazione contiene dieci consigli pratici per ridurre l’impronta ecologica del proprio Natale, tradizionalmente la festa più “ad alto consumo” dell’anno, partendo dalla scelta delle luminarie al cenone della vigilia e l’evitare i regali inutili o che comportano impatti su specie e sull’ambiente, segnalando per ciascun consiglio alcuni link di approfondimento. 
Partendo dall’Albero di Natale il WWF ricorda che negli ultimi anni oltre 3,5 milioni di abeti veri sono stati acquistati per essere addobbati. Scegliamo dunque quello sostenibile coltivato da un produttore locale, addobbiamo le piante in casa o addirittura scateniamo la fantasia utilizzando materiali di recupero (legno, vetro, stampelle, ecc.). 
Scegliere luci al led per illuminare: durano fino a 30 volte di più e consumano fino all’80% in meno di quelle a incandescenza. 
Cenone leggero anche per il Pianeta: mantenendo le tradizioni ricordiamo che a parità di apporto calorico la produzione di carne bovina, rispetto a uova, prodotti caseari e altre carni, richiede 28 volte più terra, 11 volte più acqua e 6 volte più fertilizzanti, liberando 5 volte più gas serra.
Occhio alle specie che ‘portiamo a tavola’: l’anguilla, ad esempio, è classificata come specie a rischio nella Lista Rossa (pericolo critico), il caviale deve essere certificato MSC, evitare patè di fegato d’oca, datteri di mare la cui pesca è vietata. 
Riduciamo al massimo lo spreco di cibo: i 4/5 dello spreco di alimenti in Italia avviene proprio in casa e con un costo per ogni famiglia pari ad almeno 360 euro l’anno. 
Il Natale spesso comporta anche la produzione di rifiuti superiore alla media: il packaging, ad esempio, rappresenta una grande parte dei rifiuti che produciamo e giocattoli e apparecchi elettronici ne hanno tantissimo. La regola è di ridurre al massimo i rifiuti a monte e soprattutto fare la differenziate.
Consigli anche per i regali: scegliamo mezzi pubblici o i negozi più vicini per raggiungerli a piedi, risparmieremo tempo e soprattutto gas serra alla nostra città. 
Se cerchiamo un regalo chic attenzione ai prodotti che derivano da specie protette come pellicce, gusci di tartarughe, avorio degli elefanti e il tanto ricercato shahtoosh, una delle lane più soffici, ma che comportano l’uccisione ogni anno delle antilopi tibetane, oggi ridotte sull’orlo dell’estinzione. Anche il pacchetto può diventare green con carta riciclata, certificata FSC o fatto con stoffe, foulard aggiungendo bacche e spago colorato. 
E per un regalo che difende il Pianeta l’invito è quello di adottare una specie a rischio o donare sul sito: http://natale.wwf.it/ o scegliere uno dei tanti oggetti realizzati con materiali riciclati, certificati dal sito Panda Gift https://sostieni.wwf.it/pandagift.html.

6.12.17

Vogliamo un piano per il Lupo, non per le doppiette!

 
È importante che oggi la Conferenza Stato Regioni abbia deciso di non forzare la mano su un Piano di gestione del lupo nella versione che ancora prevedeva abbattimenti. Ora è necessario riaprire al più presto il confronto per arrivare ad un Piano senza abbattimenti e in tal senso le dichiarazioni del presidente della Conferenza, Stefano Bonaccini, sono certamente positive.
Non si può sprecare altro tempo perché si rischia di prolungare e amplificare i conflitti che spesso, purtroppo, sfociano in uccisioni illegali: un piano lupo, dal quale devono essere eliminati gli abbattimenti, serve, con urgenza, per dare gambe e finanziamenti ad una tutela vera ed efficace della specie simbolo italiana e a prevenire i conflitti.
È assurdo che poche regioni, convinte, irragionevolmente, di risolvere i problemi condannando a morte i lupi, abbiano affossato uno strumento che, depurato dai riferimenti agli abbattimenti, avrebbe senz’altro aiutato anche gli allevatori.
Il WWF continuerà ad impegnarsi affinché sia affrontato il grande tema della coesistenza tra uomo e grandi carnivori nel terzo millennio e affinché gli aspetti positivi del lavoro fatto in questi mesi non vadano sprecati.
Nel frattempo, grazie all’aiuto di volontari e sostenitori, il WWF continuerà ad impegnarsi per supportare misure di prevenzione e ricerca scientifica, mettere in sicurezza tratti stradali a rischio e contrastare il bracconaggio con le proprie guardie volontarie e con azioni del proprio ufficio legale.
 

2.12.17

Acqua Gran Sasso: concentrarsi su sicurezza e trasparenza!


Oggi, conferenza stampa a Teramo dell’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI.
Le Associazioni hanno evidenziato come, a quasi sette mesi dall’incidente dell’8/9 maggio quando in quasi tutta la provincia di Teramo fu vietato l’utilizzo dell’acqua proveniente dal Gran Sasso, non si registrano grandi passi avanti verso la sicurezza.
In compenso ci si sta avvitando in una strumentale contrapposizione tra scienza e tutela della salute e dell’ambiente in particolare dopo la puntata della trasmissione “Le Iene” dedicata all’esperimento SOX.
Come l’Osservatorio ha ribadito più volte, e come avrebbe chiarito anche alla redazione della trasmissione se questa avesse scelto di ascoltarne i rappresentanti, non vi è alcuna volontà di contrapporsi alla ricerca scientifica, ma la giusta richiesta – avanzata per la prima volta ormai 15 anni fa – di garantire la sicurezza di un acquifero che rifornisce oltre la metà degli abruzzesi.
Le auto-rassicurazioni dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare non sono sufficienti, visti anche i precedenti. Ricordiamo che a seguito dell’incidente del 16 agosto 2002, che comportò la dispersione dall’esperimento Borexino di trimetilbenzene (o pseudocumene) ritrovato anche nelle fontane dei comuni costieri del teramano, i Laboratori furono sottoposti a sequestro a cui seguì un processo conclusosi – tra l’altro – con l’applicazione concordata della pena con patteggiamento nei confronti degli allora vertici dell’INFN e dei Laboratori. E questo dopo che per molto tempo si era continuato a garantire la totale sicurezza dei Laboratori, nonostante le associazioni ambientaliste avessero evidenziato il susseguirsi di numerosi incidenti tenuti segreti.
Per l’ennesima volta torniamo a ribadire: nessuno vuole fermare la ricerca scientifica, ma fino a quando la situazione dell’acquifero del Gran Sasso non sarà messa in sicurezza, il livello di rischio deve essere abbassato e non innalzato, ragion per cui le sostanze pericolose presenti nei Laboratori devono essere ridotte e non aumentate.
Come Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso non ci sentiamo contrapposti alla scienza ed è una mossa strumentale cercare di far passare l’idea che le migliaia di cittadini che hanno chiesto trasparenza e sicurezza nella Manifestazione dell’11 novembre e in tante altre occasioni siano dei poveri ignoranti che vogliono opporsi alla ricerca scientifica.
Seppure in ritardo, finalmente oggi la Regione, la Strada dei Parchi e l’INFN ammettono che esiste un problema legato all’interferenza delle gallerie autostradali e dei Laboratori con l’acquifero: è responsabilità di tutti trovare subito soluzioni reali a questo problema nella consapevolezza che la tutela della salute e dell’ambiente viene prima di qualsiasi altra esigenza e che non potrà essere l’acquifero del Gran Sasso ad adeguarsi agli esperimenti dei Laboratori o alle esigenze dell’autostrada, ma viceversa.
Ecco perché come Osservatorio evidenziamo nuovamente i ritardi accumulati e ribadiamo le richieste che portiamo avanti da mesi.
A distanza di quasi sette mesi dall’incidente la Ruzzo Reti SpA non ha ancora messo in funzione il nuovo spettrometro che dovrebbe garantire controlli più accurati ed estesi sull’acqua prima che vada in distribuzione.
L’ARTA dichiara di aver aumentato i controlli, ma vengono evidenziate le difficoltà dovute alla mancanza di personale e fondi.
Non risulta che sia stato fatto nessun passo avanti verso l’eliminazione delle sostanze pericolose stoccate e utilizzate nei Laboratori, ma anzi si progettano ulteriori interventi con materiale radioattivo.
Il protocollo firmato per migliorare le procedure di comunicazione in caso di lavori e interventi sotto il Gran Sasso alla prima prova reale è stato disatteso: la stessa Regione ha dichiarato di non essere stata messa a conoscenza dell’avvio delle procedure di verifica dell’esperimento SOX con le prove di trasporto di materiale radioattivo.
Non risulta che siano stati approntati nuovi strumenti per gestire eventuali emergenze in maniera meno confusa di quanto avvenne in occasione dell’incidente dell’8/9 maggio quando gli stessi sindaci della provincia di Teramo dichiararono di non essere stati messi in condizione di informare tempestivamente i cittadini di quanto stava accadendo.
Non vi è stata nessuna informativa circa la soluzione da adottare per mettere definitivamente in sicurezza l’acquifero a cui, peraltro, starebbero lavorando alcuni degli stessi operatori (Ing. Guercio su incarico INFN) che hanno già lavorato durante la gestione commissariale. A tal riguardo le informazioni che circolano sembrano portare soluzioni che non garantiscano la separazione dell’intero acquifero ma al contrario comporterebbero la possibilità che i 700.000 cittadini Abruzzesi possano subire un depauperamento della propria acqua e la potabilizzazione della stessa. E non sono accettabili soluzioni tampone finalizzate esclusivamente a risolvere i problemi di Laboratori e Strada dei Parchi.
L’Ente Parco con nota del 23 novembre inviata a INFN e Strada dei parchi ha chiarito ogni nuovo intervento previsto all’interno dei laboratori sotterranei o delle gallerie autostradali, ad eccezione di quelli di ordinaria manutenzione, deve essere, necessariamente e senza eccezioni, sottoposto all’autorizzazione dell’Ente ed al procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale in conformità a quanto disposto dal D.P.R. n. 357 dell’8/9/1997 "Regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche". Posizione che riteniamo importante proprio per la particolare procedura che prevede maggior partecipazione e trasparenza.
Nonostante le rassicurazioni seguite alla Manifestazione dell’11 novembre non è stato fatto alcun passo avanti sulla trasparenza e sulla partecipazione: continua infatti il divieto di far partecipare rappresentanti delle associazioni, come richiesto dall’Osservatorio, alla Commissione regionale e al Tavolo nazionale aperti sulla situazione di emergenza del Gran Sasso.
Restano poi aperte ulteriori questioni quali la procedura di valutazione di incidenza sull’esperimento SOX, il ricorso annunciato dall’Assemblea dei sindaci del teramano contro l’avvio dell’esperimento stesso, un più concreto ed esteso interessamento dei parlamentari abruzzesi alla vicenda.
L’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso torna a chiedere risposte rapide e convincenti su tutti i punti evidenziati, annunciando fin da ora nuove iniziative come la Manifestazione dell’11 novembre se dalle Istituzioni competenti non dovessero arrivare risposte adeguate.