27.7.13

The Swollencheek all'Oasi WWF dei Calanchi


Naturalternative è un incrocio simpatico di parole tra la “naturalità” della location ed il genere musicale “alternative rock”: i due termini, fusi, danno così il titolo al concerto organizzato dall’Oasi WWF Calanchi di Atri, in collaborazione con il Comune di Atri e la cooperativa Terracoste.
Sabato 27 luglio alle ore 22:00, presso il centro visite, in località Colle della Giustizia, ci saranno The Swollencheek in concerto, una band nata nel 1988, da sempre amica del WWF.
Gli Swollencheek, termine preso in prestito da una canzone di Peter Gabriel, sono Walter Di Giacinto, Luca Scipioni, Luciano Di Matteo, Piermichele Dolceamore, Marcello Di Domenicantonio.
Durante il concerto di lancio del loro quarto album, rigorosamente in acustico, dal titolo omonimo “The Swollencheek”, avremo il piacere di ascoltare non solo pezzi propri, ma anche brani di altri autori italiani.
Da una loro dichiarazione si evince quanto ci tengano a precisare che non sono una cover band, Dolceamore, infatti ci spiega: “Destrutturiamo e ristrutturiamo pezzi altrui. E così può capitare che artisti come Tenco ed altri siano reinterpretati incrociandoli con i Velvet Underground o che i Pavement si imbattano in un brano di Edoardo Bennato. Tutto può succedere, anche di reinterpretare in maniera irriverente (ma solo nello stile) artisti come Domenico Modugno.”
L’iniziativa di suonare all’interno di una riserva naturale è molto alternativa, proprio come il genere del gruppo, ed gli Swollencheek sono molto felici della location, ben diversa dalle consuete sagre affollate dove tutto diventa abitudine.
Suonare all’Oasi WWF Calanchi di Atri sarà un modo per staccare la spina trascorrendo una serata “alternativa” immersi nella natura.

22.7.13

Niente carcere a chi incendia un bosco?


Il decreto “svuota carceri” approvato dal Governo e ora in discussione al Senato rischia di mandare a casa i colpevoli di danni ai nostri boschi per centinaia di migliaia di euro, riducendo l’efficacia delle pene previste per i criminali che appiccano incendi al patrimonio boschivo. È questa la denuncia del WWF Italia di fronte ad un intervento che non ha senso nell’ottica di “svuotare le carceri” perché le condanne per questi reati riguardano un numero davvero esiguo di persone: secondo i dati 2012 del Corpo Forestale dello Stato, a fronte di 288 persone denunciate per gli incendi boschivi, solo 7 sono state effettivamente arrestate.
Il WWF chiede ai Senatori della Commissione Giustizia del Senato ed al Governo, al Ministro della Giustizia in particolare, di eliminare senza indugio la modifica che riguarda il reato di “incendio boschivo”, ripristinando l’obbligatorietà della reclusione per quelle poche decine di persone che sono state assicurate alla giustizia.
Il Decreto Legge 1° luglio 2013, n. 78 “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”, noto come “Decreto svuota carceri” prevede misure alternative al carcere per alcune categorie di reati, per “fronteggiare il perdurante fenomeno del sovraffollamento carcerario”.
Si presume che dovrebbe riguardare solamente reati da considerarsi ”minori” e soggetti che non siano “socialmente pericolosi”, ma così non è. Il Decreto, approvato dal Governo ed ora in discussione al Senato per la conversione in legge, modifica anche l’art. 423/bis del codice penale che prevede, per il “reato di incendio boschivo” doloso, il carcere da 4 a 10 anni, e per le ipotesi colpose da 1 a 5 anni. È evidente che non si tratta di un “reato minore”, ma di un crimine ambientale trai i più gravi e odiosi, le cui conseguenze ogni anno sono decine di migliaia di ettari di boschi distrutti e pericoli per la vita di persone ed animali.
Dai dati del Corpo Forestale dello Stato nel 2012 ci sono stati 5.375 incendi boschivi che hanno percorso, danneggiando o distruggendo, 33.620 ettari di superficie, di cui 20.314 ettari di boschi. I dati più pesanti ed allarmanti riguardano il sud, con la Sicilia in testa.
La pena alternativa al carcere (affidamento a servizi sociali o arresti domiciliari ) può essere decisa dal giudice nel caso di reati “minori”, che comunque non presentano alti indici di pericolosità sociale, ma certamente non per l’incendio boschivo doloso che deve essere qualificato come “crimine ambientale” di particolare allarme e danno sociale: gli incendi sono spesso legati alla criminalità organizzata che li usa per intimidire o per accaparrarsi aree pregiate da poter poi cementificare o utilizzare anche come discariche abusive.
La certezza della pena, insieme alla sua entità, sono fattori importanti come deterrenti e mai come nel caso degli incendi boschivi l’unica vera cura è la prevenzione.
A chi giova questa modifica?
Un bosco bruciato impiega anche più di cento anni per riprendere la sua funzione ecologica ed un incendio spesso significa la perdita di preziosi ed immensi patrimoni di natura e biodiversità, oltre che pesanti danni economici all’intera comunità .
La modifica proposta dal Decreto è un errore gravissimo del legislatore che sottovaluta la pericolosità degli incendi boschivi. Con questa modifica al codice di procedura penale, si fa un pericoloso passo indietro nella lotta alla criminalità ambientale, indebolendo la reale efficacia di uno dei pochi reati in materia ambientale riconosciuti dal legislatore come delitti proprio a sottolinearne la sua gravità. Si spuntano le armi di Polizia e Magistratura, e si vanifica anche il lavoro svolto dal Corpo Forestale dello Stato, con indagini lunghe, complesse ed anche molto costose. Un danno pesante, quindi, anche alle casse dello Stato.

La luna, le stelle e i calanchi

 
Questa sera con il plenilunio, fenomeno a cui da sempre vengono attribuite proprietà magiche e taumaturgiche, torna l’ormai famosissimo appuntamento che richiama visitatori da tutta Italia. Dalle ore 21:00, per tutti i visitatori dell’Oasi è in programma “La luna, le stelle e i calanchi”, una visita guidata al chiaro di luna, durante la quale sarà possibile non solo osservare con una luce diversa i calanchi, ma anche la volta celeste ed i pianeti tramite telescopio. Durante le serate di luna piena, infatti, i cristalli di sale e le particelle di alluminio dei calanchi riflettono la luce lunare creando effetti iridescenti che stupiscono e rendono romantica la visione del panorama all’interno della riserva naturale.
In un’atmosfera sognante, tra i profumi del centro visite, il chiarore della luna e le note dei classici della musica, Atri sembrerà senza dubbio diversa.

16.7.13

L'Orso va difeso con atti concreti

Il Tribunale Amministrativo Regionale di L’Aquila lo scorso 11 luglio ha pubblicato una straordinaria sentenza su caccia, orso, conservazione delle specie e tutela della salute umana.
È una vittoria per ko quella che WWF e Animalisti Italiani ONLUS hanno ottenuto nei confronti della Regione Abruzzo sul ricorso presentato lo scorso anno contro il calendario venatorio 2012/13 ed ora deciso nel merito.
Il T.A.R., con commenti molto duri, ha censurato l’operato della Regione Abruzzo praticamente su tutte le sue scelte venatorie.
Particolare rilevanza acquista il giudizio sulla tutela dell’Orso bruno: il relativo paragrafo della sentenza si conclude con una frase inequivocabile: “Da quanto sopra consegue quindi l’accoglimento della censura sulla mancata protezione dell’Orso marsicano nell’intero areale di distribuzione individuato nell’Accordo PATOM”.
Per Michele Pezone, legale delle due associazioni, si tratta di una sentenza storica. “Insieme ad Augusto De Sanctis, membro per il WWF della Consulta Venatoria regionale, abbiamo predisposto un ricorso a largo spettro su tutti i punti del calendario venatorio 2012/13. Erano, infatti, evidenti le gravissime lacune conoscitive da parte degli Uffici regionali che avrebbero dovuto suggerire un atteggiamento molto più cauto da parte dell’Ente nella redazione del calendario al fine di garantire la conservazione della fauna. I giudici hanno riconosciuto la validità delle nostre ragioni. In primo luogo il T.A.R. ha chiarito che la Regione Abruzzo, al contrario di quanto sostenuto dalla Giunta, da anni non ha un regolare Piano Faunistico Venatorio, fatto che impedisce il corretto svolgimento della pratica venatoria. Inoltre, il periodo di caccia per quasi tutte le specie (tra queste Frullino, Codone, Mestolone, Canapiglia, Combattente, Germano reale, Alzavola, Fischione, Folaga, Gallinella d’acqua, Quaglia, Beccaccia, Tortora, Allodola), è stato ampliato a dismisura senza tener conto del parere contrario dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione dell’Ambiente. La Regione ha poi illegittimamente concesso la pre-apertura per alcune specie e l’addestramento cani in un periodo non idoneo. Non ha assoggettato come avrebbe dovuto il calendario venatorio a Valutazione di Incidenza Ambientale e non ha individuato nelle aree SIC e ZPS i principali punti di migrazione in cui vietare la caccia. Ha varato il calendario venatorio ben oltre il 15 giugno, data stabilita dalla legge. Anzi lo ha fatto a pochi giorni dall'avvio della stagione venatoria, rendendo così più difficile per le Associazioni esercitare in tempo l’opposizione a tali scelte. Ha sub-delegato alle Province la possibilità di allungare a febbraio la stagione venatoria, violando così le normative che impongono una gestione coordinata del prelievo; ha reso possibile illegittimamente l’uso delle munizioni di piombo e, infine, ed è forse l’aspetto più grave, il T.A.R. ha evidenziato come la Regione Abruzzo abbia mancato di tutelare la sua specie simbolo, l’Orso bruno marsicano, evitando di normare in maniera più stringente l’attività venatoria nelle aree di maggiore presenza della specie”.
Dichiara Dante Caserta, presidente f.f. del WWF Italia: “Si tratta dell’ennesima vittoria giudiziaria ottenuta sul tema della caccia in Abruzzo. In questi anni abbiamo avuto ben due pronunciamenti favorevoli della Corte Costituzionale, di cui uno, recentissimo, che ha finalmente abolito il famigerato comparto unico, oltre ad una decina di sentenze e sospensive tra T.A.R. e Consiglio di Stato, tutte vinte. Purtroppo devo constatare che solo grazie al nostro sforzo l’attività venatoria viene ricondotta nel solco della legalità nonostante i ricorsi siano stati sempre preceduti da lettere, diffide e appelli pubblici, rimasti tutti inascoltati. Ora la Regione Abruzzo, anche in vista dell’ormai prossima decisione sulla nuova stagione venatoria, è completamente al tappeto tenuto conto che il T.A.R., entrando nel merito proprio per indicare la strada per il futuro, ha censurato praticamente l’intero contenuto del calendario venatorio 2012/13. La parte più sconsolante della sentenza è quella relativa alla mancata tutela dell’Orso perché arriva in un momento così difficile per la specie. Da un lato si ripetono sterili proclami da parte della Regione sulla necessità di tutelare i pochi orsi rimasti, dall'altro il severo giudizio del T.A.R. chiarisce che gli sforzi per la conservazione possono essere vanificati anche dalle scelte filo-venatorie dell’Assessorato regionale e dello stesso tavolo tecnico che doveva essere costituito per tutelare la specie e non certo per favorire i cacciatori. Inoltre, voglio evidenziare l’incredibile caso dell’uso delle munizioni di piombo, i cui frammenti sono dannosi per l’uomo e per gli animali protetti in caso di ingestione. I proiettili al piombo sono stati reintrodotti con un tratto di penna sulla delibera di approvazione del calendario da parte della Giunta Regionale, contravvenendo, e cito le stesse parole del TAR, con una simile superficialità ad un profilo prescrittivo altamente delicato, che involge la (mancata) tutela della salute pubblica prima ancora delle specie protette. È ormai indifferibile una completa inversione nella direzione di marcia di un Assessorato che ha scommesso, sbagliando, sulla deriva filo-venatoria promossa dai suoi uffici”.
Anche Alex Caporale, vicepresidente degli Animalisti Italiani ONLUS, sottolinea l’importanza della sentenza e del lavoro svolto dalle Associazioni ambientaliste sul tema: “Solo le Associazioni ambientaliste stanno combattendo strenuamente la lotta per la sopravvivenza dell’importantissimo patrimonio faunistico abruzzese. Con noi abbiamo la stragrande maggioranza della popolazione che è stanca di vedere morire uccelli e mammiferi. Decine di migliaia di animali sono stati uccisi grazie a provvedimenti che si sono rivelati del tutto illegittimi e per questo coinvolgeremo presto la Corte dei Conti, visto che la fauna è patrimonio indisponibile dello Stato. Gli eventuali responsabili devono pagare direttamente per scelte totalmente difformi rispetto al dettato delle norme italiane e comunitarie poste a tutela della fauna”.

5.7.13

Taranto è in Europa!


Incontriamo Enzo Di Salvatore, professore di Diritto costituzionale all'Università degli Studi di Teramo, tra i promotori del convegno "Taranto è in Europa! La sentenza della Corte Costituzionale sul decreto 'salva-ILVA' e la politica ambientale dell'Unione Europea" che si svolgerà a Teramo il prossimo 16 luglio.

Perché un convegno sull’ILVA a Teramo?
Il caso Ilva è diventato ormai un caso emblematico: una sorta di metafora dei tanti problemi che investono l’intera questione ambientale. Io e i miei colleghi abbiamo deciso di organizzare un Convegno sull’Ilva a Teramo per più motivi: perché lavorando qui è per noi più agevole muoverci dal punto di vista della logistica; perché Teramo è, per così dire, un luogo in cui è possibile discutere dell’Ilva in modo – per quanto possibile – distaccato, obiettivo; perché, in fondo, Teramo è facilmente raggiungibile da ogni parte d’Italia; e soprattutto perché è necessario portare il problema “Taranto” fuori da Taranto. Divulgarlo, porlo all’attenzione dell’opinione pubblica.
Le adesioni al Convegno sono state molte e credo ci sarà una nutrita partecipazione di studenti, cittadini, esperti, politici, movimenti e associazioni. Insomma, sarà l’occasione giusta per confrontarsi e per discutere dei problemi che a partire da Taranto toccano i destini dell’ambiente e della salute. Mi preme ringraziare per questo Europe Direct, nostro partner nell’organizzazione del Convegno, il WWF, Legambiente, il Coordinamento nazionale No Triv, il Comitato Abruzzese per la Difesa dei Beni Comuni e la Banca dell’Adriatico.

Il caso ILVA ci allontana dall’Europa?
Il titolo del Convegno – “Taranto è in Europa!” – vorrebbe suggerire che il caso Ilva, come dice lei, ci allontana sicuramente dall’Europa e, però, al tempo stesso che la questione tarantina è una questione sì pugliese, sì nazionale, ma anche europea. Il punto esclamativo, invece, sta ad esprimere una preoccupazione che, credo, sia dentro ciascuno di noi: che Taranto, alla lunga, possa essere lasciata sola.

Perché l’Italia presenta problemi ambientali così gravi? È dovuto ad una carenza legislativa o è più un fatto culturale?
Direi ad entrambe le cose. La normativa esistente è frammentaria e a volte lacunosa. Troppo spesso si interviene all’occorrenza, sporadicamente. E quando questo accade non sempre è per accordare all’ambiente una tutela maggiore. Prova ne è che il “decreto del fare”, approvato di recente dal Governo, stabilisce che, in ordine all’inquinamento delle acque sotterranee, chi inquina può anche … non pagare, qualora l’eliminazione della fonte di inquinamento non sia “economicamente sostenibile”. A tutto questo si aggiunga, poi, il “fatto culturale”. Qualche anno fa tenni una serie di lezioni in Sicilia a dipendenti della pubblica amministrazione. Le lezioni avevano ad oggetto i servizi pubblici locali in Francia, in Germania e in Inghilterra. Mi ritrovai a trattare della gestione dei rifiuti ad un’aula praticamente deserta. Erano tutti sul terrazzo dell’edificio che ci ospitava a parlare, scherzare, fumare. Irritato chiesi spiegazioni per quel comportamento e la risposta fu: “Professore, da noi non funziona così e non potrà mai funzionare così”.

Lei segue da sempre il tema della petrolizzazione dell’Abruzzo. Secondo lei, a che punto siamo? Si riuscirà a salvaguardare concretamente questo territorio?
Dal mio punto di vista siamo all’anno zero. Ma il tempo delle Regioni è ormai scaduto: la classe politica regionale non è stata in condizione di risolvere adeguatamente il problema e i margini di intervento – per una serie di ragioni – si sono ormai ristretti. A mio parere, la questione non può che essere posta ormai a livello nazionale. Per questo, il Coordinamento Nazionale No Triv ha inviato di recente una lettera a tutti i parlamentari chiedendo loro di intervenire sul decreto sviluppo, con cui si sono riattivati i procedimenti autorizzatori bloccati nel 2010. Contestualmente, inoltre, ha chiesto con forza una nuova legge sugli idrocarburi. SEL e il M5S hanno raccolto l’invito e al momento una Commissione di esperti sta lavorando per risolvere il problema.
Per quanto mi riguarda ho dato piena disponibilità a collaborare. Il mio impegno e quello dei colleghi è sicuramente incondizionato. Quello che, però, mi preoccupa è che il progetto non si trasformi in legge. Perché questo accada occorrerebbe un accordo politico tra le diverse forze presenti in Parlamento. E su questo non sono affatto fiducioso.

Quale può essere il ruolo del mondo accademico nella tutela ambientale?
Questo è un punto assai delicato. Una volta sentii affermare un collega che la scienza ha un compito etico da perseguire. Dissento completamente da questa affermazione. Etica e scienza non possono andare a braccetto. Ciò non vuol dire, però, che la scienza debba restare rinchiusa nel suo recinto, dentro le biblioteche e nelle stanze dell’Università. Credo che il miglior servigio che la scienza possa rendere al prossimo, senza per questo abdicare alla sua missione, sia quello di divulgare la conoscenza, renderla patrimonio di tutti.

Il WWF da sempre sostiene che le battaglie ambientali vadano condotte sui territori, ma che necessitano anche di strategie e politiche nazionali, se non internazionali. Da studioso della materia, è d'accordo?
Sono perfettamente d’accordo. Ormai il diritto internazionale e il diritto dell’Unione europea incidono su tutto. Gli Stati hanno progressivamente trasferito in capo ad organizzazioni sovranazionali gran parte delle loro competenze. E questo è accaduto anche in materia ambientale. Nelle mani dei Parlamenti nazionali residua ormai ben poco e qualunque legge si volesse scrivere in materia ambientale dovrebbe tenere conto di ciò.

3.7.13

I rosetani non vogliono le piste ciclabili?


Apprendiamo con sorpresa, da un quotidiano locale, che secondo il vicesindaco di Roseto degli Abruzzi, Alfonso Montese, i rosetani non vogliono le piste ciclabili.
L'arguta osservazione nasce dal fatto che, secondo l'amministratore rosetano, il Comune non vuole imporre itinerari ciclabili e vorrebbe che a scegliere e proporre siano le associazioni di cittadini, ma queste, sempre secondo Montese, interpellate più volte, non hanno mai risposto.
Il Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano, nel ricordare al vicesindaco rosetano che, solo negli ultimi anni, ci sono state numerose manifestazioni e proposte proprio relative alla ciclabilità di Roseto degli Abruzzi (compresa una raccolta di oltre 1.700 firme), non ultime le tre edizioni della Biciclettata Adriatica che hanno visto grandi assenti gli amministratori comunali (benché ufficialmente invitati), sottolinea il fatto che, anche grazie al lavoro delle associazioni, la Regione Abruzzo, tramite il progetto Abruzzo Sea Cycling, ha stanziato fondi per il completamento della Ciclovia Adriatica nel tratto abruzzese. A breve, quindi, anche l'amministrazione rosetana potrà colmare un vuoto infrastrutturale che impedisce, di fatto, un collegamento continuo da Martinsicuro a San Salvo, nel tratto abruzzese, e da Venezia a Lecce (la cosiddetta Ciclovia Adriatica) con ripercussioni anche sul turismo, come dimostra il fatto che lo scorso anno numerosi italiani e stranieri, che avevano scelto Roseto come meta di vacanza, lamentavano proprio l'assenza di percorsi ciclabili.
In ogni caso, pur evidenziando che è compito delle amministrazioni fare scelte, senza nascondersi dietro un ipotetico "disinteresse" dei cittadini, il Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano, convinto che con le polemiche non si costruisca nulla, è disponibile, da subito, ad un incontro pubblico con l'amministrazione, i cittadini rosetani e le associazioni locali, per illustrare le proposte che in questi anni si sono "accumulate" (molte delle quali presentate anche ufficialmente all'amministrazione) sulla mobilità ciclistica rosetana e abruzzese in generale, e discutere sulle strategie più opportune per rendere Roseto degli Abruzzi una città a misura di pedone e ciclista ma, soprattutto, di cittadino.