24.11.12

Sconfitta pure la Federcaccia!


Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Federcaccia contro la bocciatura del calendario venatorio della Regione Abruzzo operata dal TAR - L'Aquila su ricorso presentato dal WWF e dall'Associazione Animalisti Italiani. Si è confermata, quindi, la validità della sospensiva del TAR che aveva largamente censurato il calendario venatorio varato dalla Giunta regionale.
Come si ricorderà, il TAR Abruzzo a settembre aveva emesso un decreto “inaudita altera parte”, i cui contenuti erano stati ad ottobre confermati con un'ordinanza. In sintesi, il TAR aveva bocciato le decisioni della Regione sulla caccia nelle aree SIC (Siti di Interesse Comunitario) e ZPS (Zone di Protezione Speciale)per assenza della Valutazione di Incidenza e in quelle del PATOM (Piano di Azione per la Tutela dell'Orso Marsicano) particolarmente importanti per l'Orso bruno.
Inoltre il TAR aveva decretato lo stop alla caccia per ben otto specie in stato sfavorevole di conservazione (Allodola, Quaglia, Tortora, Beccaccia, Marzaiola, Beccaccino, Moriglione e Pavoncella) e sancito il divieto di uso di munizionamento con piombo nelle aree importanti per Nibbio reale e Grifone.
Successivamente all'ordinanza del TAR la Regione ha varato un nuovo calendario venatorio recependo quasi tutte le indicazioni dell'ordinanza del TAR.
Contro l'ordinaza del TAR ha però presentato ricorso al Consiglio di Stato la Federcaccia che, evidentemente, è il soggetto che ispira la gestione venatoria della Regione, visto che prova a difendere gli atti di questa davanti alla magistratura amministrativa.
Ma come la Regione, anche la Federcaccia è stata sconfitta!
“Grazie all'azione del WWF e degli Animalisti italiani", dichiara Dante Caserta, vicepresidente WWF Italia, "decine di migliaia di individui di specie in declino saranno salvi. La linea degli estremisti della caccia, rappresentati in Abruzzo dalla principale associazione venatoria, Federcaccia, trova nella Giunta regionale una pedissequa esecutrice. Stanno però raccogliendo solo batoste. Il lassismo o, peggio, l'atteggiamento filo-venatorio delle varie amministrazioni regionali negli ultimi anni avevano evidentemente abituato i cacciatori ad essere accontentati su qualsiasi richiesta a scapito della conservazione del patrimonio faunistico. Trovano piena conferma nella decisione del massimo organo della Giustizia Amministrativa le pesanti censure che il TAR Abruzzo aveva sollevato rispetto al calendario venatorio della Giunta Regionale".
Per questo successo il WWF ringrazia particolarmente lo Studio legale Pezone (con i bravissimi avvocati Michele, Alfonso e Fabio) che ha assistito validamente le associazioni per resistere al ricorso della Federcaccia.
Un grazie va poi agli attivisti del WWF Abruzzo, dal referente delle Guardie, Claudio Allegrino, al referente in consulta regionale della caccia, Augusto De Sanctis. Grazie al loro impegno l'Abruzzo sano si sta validamente contrapponendo a chi vuole la nostra terra in preda alla più bieca deregulation venatoria.

Corso di micologia all'Oasi WWF delle Sorgenti del Pescara

18.11.12

Borghi Attivi con la partecipazione

Fano Adriano, uno dei cinque paesi del progetto Borghi Attivi
Circa un migliaio tra cittadini e turisti coinvolti, centinaia di questionari distribuiti, decine di incontri ed iniziative, cinque pubblicazioni con le linee guida per lo sviluppo locale, il sito www.borghiattivi.it: sono questi i risultati di oltre un anno di lavoro del progetto “Borghi Attivi: statuto partecipato dei paesi d’Italia”.
Il progetto, finanziato dal bando per la Progettazione Sociale “Emergenza Abruzzo” dell’Associazione delle Casse di Risparmio Italiane, è stato promosso dal WWF Teramo ed è stato monitorato dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali attraverso il Centro Servizi Volontariato di Teramo.
Obiettivo dell’intervento è stato quello di coinvolgere le comunità locali di cinque paesi colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009 - Civitella Casanova, Fano Adriano, Fontecchio, Pescomaggiore (L’Aquila) e Santa Maria del Ponte (Tione) - in altrettanti percorsi di progettazione partecipata per elaborare uno “Statuto dei Luoghi” che riprende l’anglosassone “Village Design Statement” o VDS (in Italiano “Dichiarazione sul progetto del paese”), strumento nato ed applicato nel Regno Unito per far fronte a problemi ben noti: i cambiamenti economici e demografici e le nuove espansioni urbane, tendono ad inglobare le aree rurali, portando alla perdita delle identità locali e paesaggistiche, allo sfaldamento delle comunità rurali ed all’estinguersi della loro visione del futuro, esattamente come sta accadendo a tanti abitanti dei paesi colpiti dal terremoto che oggi sempre di più si sentono “stranieri in casa”. Nuovi iniziative economiche e nuovi insediamenti trascurano la necessità di rispettare le tipologie, i paesaggi e le “visioni” locali, finendo per minacciare l’unicità del carattere di ciascun luogo che si è andata formando in secoli di storia e di stratificazioni culturali e di usi del territorio.
Dichiara Alessio di Giulio del Centro di Educazione al Paesaggio “Torre del Cornone” di Fontecchio e coordinatore del progetto: “Le comunità dei piccoli centri colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009 si trovano oggi in un momento chiave della propria storia. Il sisma ha inferto un durissimo colpo alle già deboli comunità locali, alla loro economia, alla loro visione del futuro, mettendo definitivamente in luce fenomeni in corso da decenni: declino numerico ed invecchiamento della popolazione, svuotamento dei centri storici, spostamento degli abitanti in edifici nuovi, abbandono delle aree rurali. Le piccole comunità locali, depositarie di storie e di identità straordinarie, si pongono oggi una serie di domande: cosa fare dei centri storici? Quando si completerà la ricostruzione? Questi cambiamenti cancelleranno il paesaggio e l’identità locale? Cosa fare del territorio che circonda il paese? Cosa fare in futuro dei villaggi “provvisori” sorti a fianco ai paesi? Sono domande a cui non è facile dare una risposta, soprattutto in un momento in cui le Amministrazioni locali sono impegnate nel “post sisma” e poca attenzione viene data al coinvolgimento delle comunità locali. Per questo abbiamo messo in opera questo processo di progettazione partecipata che consenta loro di ri-disegnare un futuro”.
Attraverso il coinvolgimento di oltre dieci realtà locali tra associazioni, amministrazioni locali, centri di educazione ambientale e attraverso questionari nonché una miriade di incontri ed iniziative, il progetto ha chiesto a chi vive o frequenta durante le vacanze i 5 paesi coinvolti di disegnare e dichiarare un propria visione del futuro della propria realtà, provando anche a ristabilire legami sociali nella fase di raccolta e condivisione delle informazioni.
Sono stati così predisposte cinque serie di “Linee guida per lo sviluppo locale”, una per ognuno dei paesi coinvolti, che possono essere utilizzate dalle Amministrazioni locali per affrontare le scelte con una maggiore consapevolezza di quello che desiderano realmente i cittadini.
Oltre alle “Linee guida” che parlano alle amministrazioni locali, ciascuna comunità ha sviluppato anche un proprio decalogo di “estetica condivisa” per conservare e rafforzare la bellezza del paese e renderlo più coerente con la propria storia e con il proprio paesaggio. Una sorta di elenco illustrato con consigli rivolti ai cittadini su cosa fare o non fare in occasione di lavori di recupero delle case antiche, di nuove edificazioni e di interventi sul paesaggio. Un modo per dire a ciascuno che il futuro e la bellezza dei paesi non dipende solo dalle loro autorità amministrative, ma è soprattutto nelle mani dei cittadini li abitano e dei turisti che li frequentano.
Dichiara Dante Caserta, vicepresidente WWF Italia: “Lo sviluppo armonico di un territorio può avvenire solo attraverso una corretta pianificazione che tenga conto della sostenibilità ambientale delle scelte, delle valenze naturali e delle potenzialità dei luoghi su cui si interviene nonché delle esigenze delle comunità che li abitano. L’individuazione di queste esigenze può avvenire attraverso processi di partecipazione che consentano di operare scelte condivise, superare i conflitti tra i vari portatori di interesse e responsabilizzare cittadini, operatori economici ed istituzioni. La volontà di attivare un progetto come “Borghi attivi” in alcune realtà colpite dal terremoto dell’aprile 2009 è nata come reazione a quanto si è visto nella fase post emergenza, quando è prevalsa una volontà, calata dall’alto, che ha portato a creare nuovi nuclei abitativi (le famose “new town”), completamente sganciati dal contesto esistente. Si è così accelerato un processo, già in atto da anni, di perdita delle identità dei paesi e di coloro che li abitano, causato dallo stravolgimento dell’unicità dei luoghi. E così abbiamo tentato di dare la parola a chi questi luoghi li vive o vorrebbe tornare a vivere. Abbiamo cercato di dare a chi deve prendere le decisioni uno strumento per ascoltare chi quelle decisioni le vivrà in prima persona. È stata una vera e propria scommessa che per essere vinta necessita però di ulteriore impegno: il lavoro svolto avrà senso solo se si darà seguito alle idee, alle riflessioni ed alle proposte che si sono sviluppate in questo anno di confronto”.
Sarà compito delle Amministrazioni locali recepire le proposte contenute nelle Linee guida elaborate.
Ed in parte questo sta già accadendo: il Consiglio comunale di Fontecchio ha già recepito le Linee guida per il proprio territorio e lo stesso si appresta a fare il Comune di Fano Adriano.
Il WWF auspica che anche gli altri enti locali coinvolti facciano lo stesso al più presto.

Ven.To. muove le Ve.Le.


Si è tenuto mercoledì 14 novembre, presso la sala tesi della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, il primo incontro di presentazione del progetto Ve.Le. - ciclovia adriatica Venezia Lecce - nato all'interno del dottorato internazionale di ricerca in Sociology of regional and local development - Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale, dell’ateneo teramano.
L’incontro, organizzato, oltre dall’Università, da Ordine Architetti PPC della Provincia di Teramo, dalla SISTUR (Società Italiana Scienze del Turismo), FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta), CCiclAT (Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano), Associazione per lo sviluppo locale ITACA, ha visto una serie di relazioni incentrate sulle tematiche della mobilità ciclistica e del cicloturismo in particolare.
Tra le diverse persone presenti in sala, oltre a studenti e rappresentanti delle diverse associazioni (WWF, Legambiente, PescaraBici, ForBici Fano, Consorzio Tutela Montelpulciano d’Abruzzo Colline Teramana, ecc.) diversi amministratori, tra i quali il sindaco Monticelli e l’assessore Alonzo del Comune di Pineto, l’assessore D'Ignazio del Comune di Teramo, il vicesindaco Fiorilli del Comune di Pescara, l’assessore Forcellese del Comune di Giulianova, i consiglieri Montebello e Mercante della provincia di Teramo, l’assessore Natale del Comune di Fossacesia, oltre a docenti universitari e tecnici di enti locali e aree protette.
La presentazione del progetto, introdotta dal prof. Minardi dell’Università di Teramo, è stata preceduta dall’illustrazione, da parte del prof. Pileri del Politecnico di Milano, del progetto Ven.To., studio di prefattibilità di un percorso ciclabile da Torino a Venezia, condiviso da diversi attori istituzionali e da associazioni ed enti dei territori interessati.
L’arch. Di Marcello e l’ing. De Marcellis hanno poi illustrato il progetto Ve.Le., che sulla base dei percorsi BicItalia (ramo n. 2 e 6) prevede la cooperazione di istituzioni, enti, associazioni, imprese e cittadini per attivare politiche di sviluppo sociale attraverso la realizzazione di un percorso ciclabile e pedonale che colleghi le località della costa adriatica, da Venezia a Lecce, con un percorso dedicato di oltre 1.100 km, che attraversa territori, paesaggi, luoghi ricchi di storia, tradizioni, cultura.
Si sono poi succeduti gli interventi dell’arch. Vallarola, direttore dell’Area Marina Protetta Torre di Cerrano, che ha illustrato un progetto della rete AdriaPan che prevede la possibilità di utilizzare il binomio barca/nave+bici per collegare le varie aree protette dell'adriatico (sia in territorio italiano che sulla sponda orientale); dell’arch. Vallese, presidente dell’Ordine Architetti Teramo, che ha evidenziato l’importanza della tutela del paesaggio e dei territori anche attraverso progetti relativi alla mobilità ciclistica, ricordando che la provincia di Teramo, tra le prime in Italia, ha ideato progetti per il “corridoio verde adriatico” (realizzando i ponti ciclopedonali in legno sulla costa teramana) e per la pista ciclabile Teramo-Giulianova, in ambito fluviale, parte di un progetto più ampio di recupero del territorio della vallata del Tordino; del dott. Cerioni, coordinatore FIAB Marche Abruzzo che ha evidenziato l’attività dell’Associazione in ambito nazionale e locale con i diversi studi sulla rete BicItalia, sulla segnaletica per le ciclovie, sugli AlbergaBici, ecc.; del prof. Antolini, referente SISTUR Abruzzo, che ha posto l’accento sugli studi statistici ed economici sulle dinamiche del fenomeno delle diverse tipologie di turismo, dando numeri e percentuali della domanda e offerta turistica in Italia con particolare riferimento all'utilizzo della bicicletta nelle varie tipologie di domanda turistica; del dott. Caserta, vicepresidente nazionale WWF, che ha ricordato l’importanza dell’utilizzo della bicicletta in aree di interesse ambientale, auspicando un incremento delle forme di turismo “sostenibile”.
Si è trattato di un primo passo verso quello che potrebbe essere un grande progetto di sviluppo sostenibile ed un reale contributo alla promozione di un turismo compatibile.

Un anno di Monti: la pagella in ambiente del WWF


Riduzioni dei fondi per le politiche ambientali, sottovalutazione di rischio idrogeologico e tutela dell’ambiente restano, dopo un anno alla guida del nostro Paese, il tallone d’Achille del Governo Monti che non esce con una “buona pagella” dal suo primo anno di Governo.
Lo confermano, tra l’altro, proprio alcune questioni cruciali in discussione in questi giorni: una legge ad hoc per un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, annunciata dopo l’ennesima “emergenza maltempo” ed i tragici eventi provocati dalle alluvioni di questi giorni, e il dibattito sull’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’Ilva di Taranto, una “ferita nel territorio” aperta da anni su cui si è iniziato a pensare di mettere la parola fine solo a seguito di un nuovo intervento della magistratura.
Tutela ambientale, dissesto idrogeologico, clima ed energia, inquinamento industriale, aree protette, biodiversità, agricoltura, paesaggio e territorio e consumo del suolo: sono le “materie” della “pagella” che il WWF Italia ha predisposto sulle politiche ambientali del Governo Monti, in occasione del suo “compleanno” del 16 novembre.
Tutela ambientale: bocciato. Minima la capacità di intervento in campo ambientale: i finanziamenti dedicati agli interventi per la tutela ambientale (difesa del mare, aree protette, ISPRA, convenzione internazionale sulle specie animali a rischio) sono stati nelle Manovre 2012 e 2013 poco più di 50 milioni di euro l’anno, tra lo 0,9% e lo 0,2% dell’ammontare complessivo degli stanziamenti inscritti nelle Leggi di Stabilità. Risultato: un Ministero dell’Ambiente ridotto al lumicino, che presenta nel 2013 un bilancio di 450 milioni di euro a fronte di 1,6 miliardi di euro nel 2008 e 1,2 miliardi nel 2009. Una sottovalutazione dell’attuale e permanente “emergenza dissesto idrogeologico”: la Legge di Stabilità 2013 ha stanziato, come unica cifra certa, 73 milioni di euro alla Protezione Civile, mentre si vagheggia di piani pluriennali di messa in sicurezza del territorio per 40 miliardi di euro, che a questo ritmo sarebbero realizzati in 54 anni.
Ben diverso l’ammontare delle risorse che vengono stanziate per “infrastrutture strategiche”, di elevatissimo impatto sul territorio e di aleatoria fattibilità economico-finanziaria, con 1,5 miliardi di euro nel 2012 e 2,7 miliardi di euro previsti nel 2013 (il 23% delle risorse complessive previste dalla Legge di Stabilità 2013, che mobilita 11,6 miliardi di euro). Decisamente da bocciare il passo indietro sul Ponte sullo Stretto di Messina: anziché cestinare definitivamente il progetto irrealizzabile da un punto di vista tecnico ed insostenibile da un punto di vista ambientale e finanziario, il Governo Monti, con il decreto legge n. 187/2012, in vigore dallo scorso 2 novembre, ha in effetti messo in stand-by, prevedendo di dilazionare per un periodo massimo di due anni le verifiche tecniche sul progetto definitivo e sulla sua fattibilità economico-finanziaria. Lo stesso decreto consentirebbe al CIPE di chiudere la vicenda in pochi mesi, una volta verificata la insostenibilità economico-finanziaria del ponte. Il Governo avrebbe un’ottima occasione di uscire dal gioco ambiguo di una dilazione tutta politica, “liberando” risorse per 8,5 miliardi di euro, più di mezzo punto di PIL, che potrebbero essere meglio impiegate per lo sviluppo del Sud.
Dissesto idrogeologico: insufficiente. La stima di 40 miliardi di euro fatta dal Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, per la messa in sicurezza del territorio, attualizzando quella di circa 35 miliardi di euro fatta dall’allora Ministro Matteoli, riguarda l’intero assetto idrogeologico nazionale. Dovendo stabilire delle priorità occorre innanzitutto stanziare subito i circa 10 miliardi di euro (1/4 della cifra citata da Clini) per realizzare i 4.454 interventi urgenti già definiti, considerando soprattutto che in Italia sui 5.581 comuni a rischio idrogeologico sono 1.173 i comuni “a rischio molto elevato” e 2.498 quelli “a rischio elevato”.
Ci sono poi una serie di “misure a costo zero” da attuare subito: vincoli di inedificabilità assoluta nelle pertinenze fluviali a rischio esondazione; la rimozione obbligatoria di tutti i manufatti realizzati nelle aree esondabili senza autorizzazione e senza il parere delle Autorità di Bacino (oggi Autorità di Distretto Idrico). Un ulteriore passo, più complesso, ma fondamentale, è quello del rafforzamento e ripristino di una rete naturale che possa servire ad individuare “aree cuscinetto” (anche da destinarsi all’agricoltura), in grado di permettere un’espansione controllata dei corsi d’acqua in caso di piena. Questa definizione dovrà avvenire applicando la Strategia Nazionale sulla Biodiversità che purtroppo, pur essendo approvata da un paio d’anni, non è ancora decollata.
Clima ed energia: alti e bassi. Il Governo Monti sulle tematiche Clima ed Energia ha dato segnali contrastanti: occorre rilevare che, nell’Unione Europea, il nostro Governo ha finalmente, in parte, allineato le proprie posizioni a quelle degli altri grandi stati europei, riconoscendo l’emergenza climatica, ma questo non ha ancora prodotto chiare prese di posizione, per esempio, di supporto all’aumento del target di taglio delle emissioni al 2020 (l’attuale obiettivo, -20% rispetto al 1990, è sottostimato dal momento che verrà raggiunto entro massimo due anni, non fornendo quindi il necessario stimolo al cambiamento e all’innovazione). Germania, Francia e Gran Bretagna, invece, si sono espresse a favore di un innalzamento di tale target al -30%. Inoltre, il Governo ha portato all’esaurimento gli incentivi al fotovoltaico, non procedendo a una seria revisione del conto energia che modulasse il sostegno economico sull’esigenza di mantenere una forte spinta al settore; va riconosciuto come positiva, invece, l’approvazione di un conto energia di incentivazione delle fonti rinnovabili termiche.
Positivo che si sia definita una bozza di Strategia Energetica Nazionale, più volte annunciata, ma mai stilata dai precedenti Governi: il testo, però, si limita a mettere insieme obiettivi eterogenei in un arco di tempo limitato (8 anni), non operando una seria scelta a favore delle rinnovabili, non definendo un percorso di chiusura delle centrali più inquinanti (già oggi la capacità di produzione elettrica è enormemente sovrastimata rispetto alla domanda effettiva), non definendo strumenti seri per dar corpo alla riduzione dei consumi e all’efficienza energetica, affermando che l’Italia deve diventare un hub del gas senza una seria analisi della effettiva necessità e compatibilità ambientale di tale scelta, rilanciando la ricerca di idrocarburi nel territorio nazionale laddove tali (eventuali) riserve sono ben poca cosa rispetto alla domanda.
Inquinamento industriale: bocciato. Il Governo Monti sui siti industriali, con una riforma delle norme, ha fatto passare come “bonifica” quella che in realtà è una semplice “messa in sicurezza operativa”: inizialmente prevista solo per quelle aree industriali ancora attive, la messa in sicurezza prevista è stata estesa anche per i siti abbandonati come ad esempio alcuni aree del sito industriale di Porto Marghera, di Bagnoli e di Crotone. Questa riforma è un vero e proprio “condono” poiché consente di poter rinviare la vera propria bonifica e quindi il risanamento ambientale e sanitario a tempo indeterminato. Sul caso Ilva, in particolare, il Governo non deve cedere ai ricatti dell’azienda: su tutta la vicenda il Governo Monti è sembrato titubante e ancora oggi non ha preso decisioni determinanti per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. In particolare il WWF Italia evidenzia come l’accordo di programma promosso dal Governo a luglio si è rivelato un atto senza impegni concreti poiché non ha aggiunto nulla di nuovo rispetto alle misure precedentemente introdotte. Ingiustificabile ed imperdonabile è stata la sottovalutazione dei dati scientifici che hanno documentato i danni sulla salute nelle aree più colpite dall’inquinamento dell’ILVA prodotte nell’ambito del progetto di ricerca Sentieri dall’Istituto Superiore di Sanità.
Aree protette: luci e ombre. Nel concreto del governo quotidiano delle aree naturali protette non sono mancate luci ed ombre. Nominati complessivamente i Presidenti di 8 Parchi Nazionali (Gargano, Alta Murgia, Val d’Agri Appennino Lucano, Maiella, Appennino Tosco Emiliano, Cinque Terre, Arcipelago Toscano, Pollino) evitando i lunghi commissariamenti del passato. Insolute le nomine di altri Parchi importanti come il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Circeo, Sibillini e Foreste Casentinesi per la mancanza dell’intesa con le Regioni competenti (per i primi due Parchi il Ministero ha provveduto alla nomina dei commissari nelle persone dei presidenti uscenti). Ancora senza soluzione il rinnovo dei Consigli direttivi di alcuni Parchi (il Gran Sasso Monti della Laga attende ormai da 6 anni il rinnovo del suo principale organo di gestione).
È rimasta una costante la logica dei tagli delle risorse finanziarie per gli investimenti e del personale (nell’ambito delle manovre generali per il contenimento della spesa pubblica) che solo in parte hanno tenuto conto dei tagli precedenti ai capitoli di bilancio del Ministero dell’Ambiente. Lodevole il tentativo del Ministero dell’Ambiente di ridurre al minimo i danni dell’applicazione del taglio del 10% del personale degli Enti Parco previsto dalla spending review, ma resta grande incertezza per le decisioni finali che competono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Confermata la copertura per le spese obbligatorie per la gestione dei Parchi nazionali mentre è ulteriormente peggiorata la situazione della gestione delle aree protette marine. È stata avviata, per la prima volta, una analisi della contabilità ambientale dei Parchi Nazionali che dovrebbe evidenziare l’entità e funzionalità del patrimonio naturale conservato dal nostro sistema di aree protette nazionali.
Biodiversità: risultato mediocre. È stata avviata l’attuazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità attraverso le riunioni del Comitato paritetico ed dell’Osservatorio nazionale biodiversità e la prima riunione del tavolo di consultazione delle Associazioni ed attori sociali ed economici. Mentre resta senza soluzione la definizione di un piano di azione che identifichi priorità e responsabilità dei diversi soggetti istituzionali nell’implementazione della Strategia Nazionale, la Direzione Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente ha attivato una relazione con altri Ministeri che ha prodotto due importanti risultati: la redazione del documento sulla stima delle risorse impegnate dal nostro Paese per la conservazione della Biodiversità richiesto dal Segretariato della CBD e presentato in occasione della COP 11 dell’ottobre 2012 in India, e la presentazione di un progetto LIFE per la definizione dei PAF (strumento di Programmazione dei fondi comunitari 2014 – 2020 per la gestione di Natura 2000). L’importanza di queste due iniziative è il tentativo di introdurre il tema della conservazione della biodiversità nei diversi settori, come previsto dall’art.6 della CBD e dalla stessa Strategia Nazionale, attraverso un attivo coinvolgimento di altri Ministeri (Agricoltura, Sviluppo Economico, Esteri, Lavoro) e delle Regioni.
Agricoltura: rasenta la sufficienza. L’impegno più importante assunto dal Ministro delle Politiche Agricole, Catania, è stata la gestione del negoziato europeo sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC), il principale strumento economico finanziario per l’agricoltura italiana. Il nodo principale resta l’attribuzione delle risorse nel bilancio dell’Unione Europea (previsto al 2020 un taglio del 12% delle risorse per l’agricoltura) e la ridistribuzione delle risorse tra i 27 Paesi membri che vedrebbe nella proposta della Commissione Europea maggiormente penalizzata l’Italia con un taglio del 18% dei finanziamenti. Il Ministro Catania è un tecnico competente che ha sempre gestito i negoziati sulla PAC ed ha risolto il grave problema della sostanziale assenza dell’Italia al tavolo del negoziato europeo. In questo anno di Governo Monti sono stati presentati alcuni provvedimenti per la semplificazione delle procedure burocratiche che gravano sulle aziende agricole, con alcune criticità come la modifica della definizione di “bosco” prevista da uno dei Decreto Semplificazioni che ha introdotto anche la possibilità di compromettere risultati importanti nel miglioramento degli agroecosistemi ottenuti con l’applicazione delle misure agroambientali finanziate negli anni attraverso la PAC. Altro provvedimento proposto dal Governo, e migliorato dalla discussione parlamentare, è la vendita o l’affitto dei terreni agricoli di proprietà dello Stato da destinare prioritariamente alla nascita di nuove imprese agricole da parte dei giovani, un provvedimento rimasto ad oggi inapplicato per i tempi lunghi nella definizione degli strumenti attuativi.
Paesaggio e territorio: rimandato. Tra i provvedimenti solo annunciati, ma non ancora formalmente presentati dall’Esecutivo, si segnala che, nella prima bozza al disegno di legge Semplificazioni, il Governo ha previsto due interventi in materia di autorizzazione paesaggistica: il primo sull’eliminazione del silenzio-rifiuto per le autorizzazioni ambientali, paesaggistiche e culturali; il secondo sull’iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Eliminata, invece, l’attuale previsione che attribuisce un automatico valore di assenso al mancato rilascio del parere obbligatorio da parte del sovrintendente. La nuova norma, se confermata, ridurrebbe i termini per il rilascio del parere dagli attuali 90 giorni a 45.
Consumo del suolo: promosso. Si valuta positivamente il “Disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo” proposto dal Ministro delle Politiche Agricole e che lo scorso 30 ottobre ha ricevuto il parere favorevole da parte della Conferenza Unificata. Il ddl appare pienamente condivisibile nei suoi punti essenziali: 1. la fissazione di un tetto alla “estensione” massima di superficie agricola edificabile; 2. esclusione della utilizzabilità da parte dei Comuni degli oneri di urbanizzazione per il finanziamento della spesa corrente; 3. il vincolo decennale di destinazione d’uso peri terreni agricoli che abbiano ricevuto aiuti di Stato o comunitari. Un segnale positivo è anche il parere negativo al disegno di legge (AS 3134), presentato dal Senatore Palma e altri, per la riapertura dei termini del condono edilizio del 2003.

11.11.12

Progetto Ve.Le. per una ciclovia da Venezia a Lecce

Mercoledi 14 novembre 2012 alle ore 15 nella Sala delle lauree della Facoltà di Scienze politiche a Teramo si terrà la presentazione del progetto Ve.Le., un percorso sostenibile per scoprire la via Adriatica.
Da una ricerca in atto nell'ambito del dottorato internazionale in Sociology of regional and local development, presso il Dipartimento di teorie e politiche dello sviluppo sociale della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Teramo, prendendo spunto dal progetto di collegamento ciclabile da Venezia a Torino, proposto dal Politecnico di Milano – Dipartimento di Architettura e Pianificazione (http://www.progetto.vento.polimi.it), ha preso corpo uno studio di fattibilità per una ciclovia, che colleghi Venezia con Lecce, adiacente la costa adriatica, denominato VE.LE..
Il progetto, in realtà, oltre a riguardare l'infrastruttura ciclabile vera e propria, vuole essere un insieme di azioni per lo sviluppo locale, creando un coordinamento tra istituzioni, associazioni, imprese e singoli cittadini, per costruire una rete, prima ancora che di opere, di relazioni.
Partecipano:
Everardo Minardi, Università degli Studi di Teramo
Paolo Pileri, Politecnico di Milano
Raffaele Di Marcello, Università degli Studi di Teramo
Giustino Vallese, Presidente Ordine Architetti PPC Teramo
Massimo Cerioni, Coordinatore Regionale FIAB Marche-Abruzzo
Lucio De Marcellis, Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano
Fabio Vallarola, Direttore AMP Torre del Cerrano
Dante Caserta, Vicepresidente WWF Italia
Mauro Vanni, Associazione I.T.A.C.A.

Video Lupo e Cinghiale



L'eterna lotta tra preda e predatore, in questo caso lupi e cinghiali, va in scena nell'Oasi WWF del Lago di Penne, un'area protetta collinare caratterizzata da un paesaggio di campi intervallati da boschi.
In un video, realizzato con il sistema non invasivo del video-trappolaggio e girato all’interno dell’Oasi WWF, si vede chiaramente lo scontro tra lupi e cinghiali.
L'espansione del Lupo in Italia non sta interessando solo le aree montane, con l'ingresso della specie nelle arco alpino, ma, nelle aree di presenza storica come l'Abruzzo, anche le aree pedemontane e collinari.
Qui la ricolonizzazione è favorita dal fenomeno dell'abbandono dei campi con l'aumento della copertura boschiva e dall'espansione delle popolazioni delle prede, come cinghiale e capriolo.
Il Lupo è tornato a popolare molte aree in Italia grazie alla sua inclusione tra le specie protette, avvenuta a seguito di una delle prime campagne lanciate dal WWF Italia e dal Parco Nazionale d'Abruzzo, l'Operazione San Francesco, avviata nei primi anni 70 del secolo scorso. Ora, anche grazie all'istituzione di una rete di aree protette, il Lupo sta raggiungendo territori anche abbastanza antropizzati, ai margini della pianura padana e delle aree pedemontane e collinari attorno all'Appennino. La ricostituzione di una rete trofica complessa è uno degli obiettivi da perseguire quando si cerca di attuare politiche di conservazione della natura. Il caso del Lupo è un segnale di speranza per altre specie attualmente in situazioni disastrose, come l'Orso bruno.
Il Lupo si sta dimostrando un efficace predatore del Cinghiale; diversi studi scientifici realizzati in Italia hanno dimostrato che questo ungulato può rappresentare fino al 60% delle prede catturate dal Lupo, seguito dal Capriolo. La buona disponibilità di prede selvatiche e l’utilizzo di una politica puntuale di gestione del bestiame al pascolo che preveda l’utilizzo di sistemi di protezione per prevenire gli attacchi non possono comportare altro che diminuire la predazione sul bestiame domestico.
Dichiara Fernando Di Fabrizio, direttore dell'Oasi WWF del Lago di Penne: “Il video che mostra l'interazione tra Lupo e Cinghiale è solo uno dei tanti che hanno come protagonista questo splendido predatore che stiamo registrando in questi mesi nella riserva. Una delle cucciolate di cinghiali presenti nella riserva si è ridotta progressivamente di numero probabilmente a causa della presenza di questo piccolo branco. Il sistema di video-trappolaggio, utilizzato ormai in tante aree protette italiane, si sta rivelando molto utile per seguire una specie altrimenti poco osservabile. La nostra area protetta è visitata ogni anno da decine di migliaia di persone, tra cui naturalisti e appassionati fotografi e, per questo, la notizia del ritorno del Lupo costituirà un ulteriore punto di interesse per visitare quest'area”.

Caccia: la strage continua (e non solo di animali)

Un'altra vittima (umana) della caccia. Oggi, 11 novembre 2012, a Nuoro un bambino è stato ridotto in fin di vita da un colpo di fucile in testa.
Ancora da chiarire le dinamiche dell'accaduto. Sembra che intorno alle 10 di questa domenica mattina, il bambino sia stato gravemente ferito alla testa da un proiettile, pare partito dall'arma dello zio, durante una battuta di caccia nelle campagne di Irgoli, frazione di San Michele, in Baronia.
Il colpo di fucile sarebbe stato esploso inavvertitamente dall'uomo. Il proiettile ha centrato la parte sinistra del cranio: il bambino è stato trasportato in elicottero all'ospedale San Francesco di Nuoro.
Dall'inizio di questa stagione venatoria questo è il tragico bilancio (fornito dall'Associazione Vittime della caccia): 17 morti e 59 feriti. In totale 76 vittime di cui 20 tra la gente comune (4 morti e 16 feriti) e 56 tra i cacciatori (13 morti e 43 feriti).

4.11.12

PAC 2014/2020: puntare su aziende agricole piccole e sostenibili

“Una riforma “verde” della Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea che fronteggi la crisi economica ed ecologica, dirottando i finanziamenti dalle produzioni intensive ad alto impatto ambientale alle piccole aziende agricole multifunzionali, in grado cioè di garantire modelli di produzione e di consumo sostenibili e fornire servizi ambientali e sociali economicamente efficienti e rispettosi della biodiversità, delle risorse naturali e del paesaggio”.
È la richiesta rivolta al Governo Monti, al Parlamento europeo ed alle Regioni da 13 associazioni che riuniscono ambientalisti, mondo scientifico, agricoltori biologici e biodinamici (Associazione italiana Agricoltura Biologica, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI-Fondo Ambiente Italiano, Federbio-Unione Nazionale Produttori Biologici e Biodinamici, Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, Italia Nostra, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, Touring Club Italiano, WWF Italia) in occasione dell’incontro “PAC 2014 – 2020: per un’agricoltura in grado di riconciliare Economia ed Ecologia”, che si è svolto la scorsa settimana a Roma presso la sede della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Durante l’iniziativa le 13 associazioni si sono confrontate con le tre maggiori Associazioni agricole (Coldiretti, Confagricoltura e CIA), i rappresentanti delle Regioni e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
L’attuale crisi economica colpisce un’agricoltura già fortemente attraversata da una profonda crisi strutturale. In Italia le aziende sono calate in 10 anni del 32,2% e il loro reddito del 25,3%. I dati sull’ambiente in Europa evidenziano una crisi generalizzata anche della biodiversità e il consumo di suolo agricolo negli ultimi sessant’anni (che ha provocato la perdita di 1,5 milioni di ettari dei terreni più fertili in Italia) mette a rischio anche la sicurezza alimentare. Questa crisi è il punto di arrivo di un modello di agricoltura non più sostenibile per modalità di produzione e di consumo.
Con un documento condiviso, presentato in occasione dell’incontro, le tredici Associazioni hanno evidenziato come in Italia, dove ancora prevalgono aziende agricole di piccole dimensioni, riuscire a mantenere un’agricoltura di qualità significa essenzialmente mettere in relazione la sostenibilità ambientale con quella economica. Una Politica Agricola Comune per l’Europa, che voglia definirsi tale per il futuro, deve poter dare all’agricoltura un ruolo centrale nella ricostruzione delle condizioni ambientali ed economiche della produzione.
La crisi agricola di oggi è il punto di arrivo di un modello di sviluppo non più sostenibile e che vede nei sistemi agricoli e di produzione del cibo i settori dove maggiormente esplodono le contraddizioni. Contemporaneamente, però, proprio l’agricoltura è il settore che più di altri ha già realizzato attività innovative per costruire un modello di produzione e consumo basato su una visione avanzata della sostenibilità in grado di garantire efficienza economica, equità sociale, tutela e valorizzazione delle risorse naturali e del paesaggio.
Gli aiuti distribuiti fino ad oggi alle imprese agricole dall’Unione Europea attraverso la propria Politica Agricola Comune (PAC) hanno favorito produzioni intensive ad alto impatto ambientale senza garantire la loro sostenibilità economica. Le aziende che hanno ricevuto la maggior parte dei fondi comunitari sono infatti quelle di grandi dimensioni, monoculturali, che producono merci indifferenziate ma che realizzano un reddito netto più basso. Le aziende agricole che reggono meglio l’impatto della crisi sono invece le aziende diversificate, multifunzionali, che realizzano attività innovative per la costruzione di un modello di produzione e consumo basato sulla sostenibilità ambientale.

UNA RIFORMA “VERDE” È POSSIBILE: LA PROPOSTA.
Ci troviamo di fronte ad un paradosso: le imprese che hanno sostegni dalla PAC non hanno futuro sul piano economico e le imprese che invece possono avere un futuro non hanno sostegni. La riforma della PAC per il periodo 2014 – 2020, in discussione al Parlamento europeo, deve affrontare questo paradosso.
Per quanto riguarda il primo pilastro della PAC e l’aiuto disaccoppiato, è necessario orientarsi verso soluzioni che consentano la remunerazione della produzione di beni pubblici con chiari obiettivi legati alla sicurezza e alla sovranità alimentare, alla mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, alla protezione delle funzioni degli ecosistemi, alla protezione delle risorse naturali (acqua, suolo, ecc.), alla messa in sicurezza del territorio, alla creazione di opportunità di lavoro ed al rafforzamento del tessuto sociale delle aree rurali.
Per quello che riguarda il secondo pilastro della PAC, il riferimento fondamentale deve essere il perseguimento di strategie individuali e collettive per la diversificazione delle produzioni, dei mercati, delle funzioni, integrando la produzione di beni privati con la produzione di beni pubblici per una rinnovata economia locale sostenibile attraverso una nuova integrazione città-campagna.
In questo scenario l’agricoltura biologica assume un ruolo completamente nuovo rispetto al passato, utile per il futuro di tutta l’agricoltura, diventando metodo produttivo centrale dal quale partire per un nuovo modello di riferimento basato su valori etici e sociali e sulla tutela dei beni pubblici. Sono, infatti, proprio le aziende biologiche che attraverso la diversificazione (base fondante dei principi del biologico) hanno saputo interpretare la multifunzionalità in misura maggiore rispetto alle altre e che oggi si dimostrano più resilienti anche sul piano economico e in sintonia maggiore con l’ambiente e i bisogni dei cittadini.

IL DIBATTITO AL CONSIGLIO DELL’UNIONE EURPOEA: IL RISCHIO DI UN’OCCASIONE PERSA.
Le proposte della PAC per il periodo 2014 – 2020 presentate dalla Commissione Europea nell’ottobre 2011 contenevano alcune importanti innovazioni rispetto al passato insieme ad altri aspetti da considerarsi invece insufficienti e che necessitavano ulteriori approfondimenti e miglioramenti per poter realizzare una riforma adeguata alle esigenze di profondo cambiamento che i tempi attuali richiedono. Visto il dibattito in corso al Parlamento europeo e le proposte del Consiglio Europeo dell’Agricoltura si rischia invece di fare ulteriori passi indietro e far diventare la riforma un’occasione persa per l’affermazione di una nuova agricoltura in grado di riconciliare economia ed ecologia.
La crisi strutturale nella quale siamo immersi impone di dare una priorità assoluta nell’uso delle risorse pubbliche ad obiettivi di interesse collettivo come la salvaguardia dell’ambiente, i servizi sociali nelle aree rurali, la creazione di nuova occupazione per i giovani. Promuovere e sostenere le imprese agricole multifunzionali, che alla produzione di cibo associano la fornitura di servizi ambientali e sociali creando lavoro qualificato, è la strada migliore per perseguire questi obiettivi”.

Il dossier sulla PAC 2014/20 lo trovate a questo indirizzo: http://www.wwf.it/UserFiles/File/News%20Dossier%20Appti/DOSSIER/dossier_PAC_29ottobre2012.pdf

3.11.12

Apertura del centro storico alle macchine? Non è la soluzione


Nei giorni scorsi, alcuni commercianti della nostra città hanno avanzato la richiesta di riaprire le strade attualmente chiuse al traffico del centro storico come risposta alla crisi che sta attraversando il settore del commercio a Teramo.
Si tratta di una richiesta che non può essere accolta acriticamente e che è destinata ad animare (almeno si spera) un dibattito cittadino.
Attualmente la nostra città ha un numero molto limitato di strade vietate alle macchine: a parte il Corso San Giorgio (chiuso ormai da decenni), solo Piazza Martiri della Libertà, Piazza Orsini, Corso Cerulli e via Capuani.
In pratica il transito delle auto è vietato su poche centinaia di metri della rete stradale cittadina. Risulta impossibile credere che un divieto così limitato sia responsabile del crollo delle vendite.
La crisi che colpisce il commercio teramano si inquadra nel periodo di crisi economica che l’Italia sta attraversando e che sta riducendo fortemente i consumi.
L’aver poi consentito l’apertura di un centro commerciale proprio alle porte di Teramo non ha certo aiutato il commercio cittadino che si è trovato a dover fare i conti con una forte concorrenza a pochi chilometri.
A questo si aggiunge la continua deregulation del settore del commercio a tutto vantaggio delle grandi catene di ipermercati. L’aver consentito l’apertura nei giorni festivi, ad esempio, premia ovviamente la grande distribuzione e penalizza il piccolo commercio che non riesce a garantire l’apertura degli esercizi commerciali 7 giorni su 7.
Non si può pensare di fermare queste tendenze semplicemente consentendo di arrivare in macchina fin dentro ai negozi!
Al contrario, da un lato sono necessarie differenti politiche nazionali e regionali sul commercio, dall’altro devono essere messe in atto azioni per invogliare la permanenza nel centro cittadino.
Una città non può essere ridotta ad un insieme di strade su cui muoversi sempre ed esclusivamente in auto. Una città è fatta di luoghi d’incontro e condivisione, di occasioni di socializzazione e svago. Tra queste vi è sicuramente anche l’offerta commerciale che però deve inquadrarsi in una vita sociale e culturale di comunità, caratterizzata da scelte tese ad accrescere la qualità della vita con meno impatto ambientale, inquinamento, rumore e traffico e più (vere) piste ciclabili, percorsi pedonali ed aree verdi.
Sarebbe utile che in città si sviluppasse un confronto su questi temi e su come mettere in atto scelte coraggiose ed innovative per invertire una tendenza al declino che ci sta caratterizzando ormai da diversi anni.

2.11.12

Una legge regionale per l'acqua pubblica e partecipata


Il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua, lavorando in maniera assembleare e partecipativa, ha elaborato una proposta di legge regionale sul servizio idrico. Si tratta di un disegno di legge in linea con l'espressione dei 600.000 cittadini abruzzesi che il 12 e 13 giugno 2011 hanno decretato democraticamente l'acqua come bene comune non economico, poiché essenziale ed insostituibile all’uomo.
A riguardo, invece, la legge regionale attualmente in vigore sul Servizio Idrico Integrato risulta essere gravemente carente e insoddisfacente, poiché interamente basata sull'art. 23bis del decreto Ronchi, abrogato dal Referendum popolare e rinnegato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. Nonostante questi argomenti, i vertici della Regione stanno intenzionalmente procedendo con l’iter di approvazione della proposta di Regolamento di esecuzione della legge, tradendo così la volontà popolare.
Oltre questo, la particolare situazione gestionale che sta attraversando l’Abruzzo, tra disservizi, scandali e recupero crediti forzosi, richiede un cambiamento verso una gestione diversa, realmente pubblica e partecipata del bene comune acqua. Riteniamo necessario trasformare le S.p.A. attuali in Consorzi di Servizi Sociali, di cui saranno protagonisti i Comuni, in grado di garantire la gestione dell'intero ciclo con criteri di efficacia, trasparenza, equità sociale e solidarietà. Il disegno di legge prevede infatti l'istituzione di un “fondo regionale per la ripubblicizzazione” del quale potranno beneficiare solo aziende e consorzi di diritto pubblico che subentreranno alle precedenti gestioni.
La proposta di legge avanzata dal Forum prevede inoltre la ridefinizione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in base ai bacini idrografici presenti nel nostro territorio, contro il criterio semplicistico di divisione in base al territorio provinciale; garantisce il diritto di ciascun individuo al quantitativo minimo vitale giornaliero, fissato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità in 50 litri al giorno per persona, grazie all’attivazione di un fondo regionale per il diritto all'acqua; obbliga alla pubblicazione dei dati sulla qualità dell'acqua sui siti web di ASL e ARTA, dei verbali e delle deliberazioni adottate da assemblee e consigli di amministrazione sull'albo e sui siti web della Regione e dei consorzi, nonché la previsione di reali forme di partecipazione negli organi istituzionali tramite rappresentanti cittadini, sindacali, di associazioni ambientaliste e dei consumatori, affinché venga garantita la trasparenza nella gestione del Servizio Idrico Integrato in Abruzzo.
La proposta di legge qui presentata sarà recapitata alle forze di movimento, sociali e sindacali dell’Abruzzo, a tutti i consiglieri e ai gruppi consiliari della Regione Abruzzo, al Presidente della Regione Gianni Chiodi e al Presidente del Consiglio Regionale Nazario Pagano, nonché all’assessorato e alle commissioni di riferimento, in attesa di un confronto a riguardo.