9.7.11

Gestione dei rifiuti: di cosa ha bisogno l'Abruzzo?

Questa mattina a Pescara, il WWF ha presentato un documento sulla situazione dei rifiuti in Abruzzo.


Produrre meno rifiuti e riciclare, riciclare, riciclare! Per il WWF è questo lo slogan che la Regione Abruzzo dovrebbe lanciare verso i cittadini invece di confondere le idee con proposte obsolete e velleitarie come quelle degli inceneritori.
Da tre anni l'Unione Europea ha stabilito, con la Direttiva 98/2008, che quella europea deve diventare la “società del riciclo”. L'articolo 4 della Direttiva, quello sulla “gerarchia dei rifiuti”, dice chiaramente che prima di parlare di incenerimento bisogna fare di tutto per prevenire la produzione di rifiuti, poi prepararli per il riutilizzo ed assicurare il riciclaggio.
Dopo, e solo dopo, possono essere previsti il recupero di energia e lo smaltimento in discarica. Nel preambolo della Direttiva si può leggere: “nella risoluzione del 24 febbraio 1997 sulla strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti, il Consiglio ha confermato che la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione ed il riutilizzo e il riciclaggio di materiali dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energetica dei rifiuti”.
Il Presidente Chiodi ha letto la Direttiva 98/2008 che è tenuto ad attuare? L'Unione Europea peraltro non parla più di obiettivi di raccolta differenziata, ma di obiettivi di effettivo riciclo e riutilizzo di oggetti e materia (che ha un valore sul mercato, oltre agli ovvi benefici ambientali).
Bisogna puntare subito sulla prevenzione della produzione dei rifiuti con politiche industriali capaci di incidere direttamente sui consumi; siamo in enorme ritardo e la piccola diminuzione dei quantitativi dei rifiuti prodotti in Abruzzo negli ultimi due anni è solo legata alla crisi ed al calo dei consumi. Sconforta in questo senso la posizione della Confindustria regionale che appare l'unica forza sociale che appoggia il ricorso all'incenerimento. Il comparto industriale, invece di sposare posizioni retrive a difesa degli interessi monopolistici di pochi rispetto al perseguimento di quello di molti, cosa sta facendo in concreto per ridurre il volume degli imballaggi e la produzione di rifiuti solidi urbani degli stabilimenti?
La grande distribuzione può dare un contributo eccezionale nella riduzione dei rifiuti promuovendo con le Amministrazioni e le altre componenti sociali comportamenti dei consumatori più responsabili, dalla scelta del prodotto al riuso dei materiali.
Per promuovere politiche industriali sostenibili le pubbliche amministrazioni devono adeguarsi immediatamente agli obiettivi posti dal decreto sugli acquisti verdi. Infatti, negli acquisti di beni, gli enti devono verificare che almeno il 30% provenga da materiale riciclato. Il rispetto di questa norma è fondamentale per creare condizioni di mercato favorevoli ed aiutare l'industria a diventare più sostenibile.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata nella nostra regione, a 14 anni dal varo del cosiddetto Decreto Ronchi che stabiliva obiettivi precisi sulla gestione dei rifiuti (raccolta differenziata al 15% entro il 1999; 25% entro il 2001 e 35% entro il 2003!) ed a 5 anni dal varo del Testo Unico sull'Ambiente del 2006 (che dava come obiettivo il 45% di differenziata entro il 2008 e pone l'obiettivo del 65% entro il 2012) siamo ancora distanti anni luce dagli obiettivi di legge. Ciò senza voler parlare degli obiettivi di reale riciclo del materiale raccolto con la differenziata.
In Abruzzo produciamo attualmente circa 650.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani. Raggiungendo le quote di differenziata e riciclo previste dalla legge (e si potrebbe fare anche molto meglio) e diminuendo la quantità di rifiuti prodotti, rimarrebbero poco più di centomila tonnellate annue di frazione secca non differenziabile (in realtà esistono tecnologie per riciclare quasi fino al 100% dei materiali). Con questi dati è del tutto evidente che il ricorso all'incenerimento sarebbe totalmente anti-economico, a parte tutte le gravissime questioni connesse all'impatto ambientale e sanitario che pure sono incontrovertibili.
Gli abruzzesi sono pronti ad attuare la raccolta differenziata porta a porta in tutti i comuni. Decine di città, tra cui Teramo, hanno già sposato questa tecnica con risultati straordinari, con punte di oltre il 70% di differenziata. Il problema è che l'Abruzzo soffre della scarsità di impianti di filiera per il recupero e il riciclo, in particolare dell’organico. La differenziata rischia di costare molto perché attualmente l'umido deve essere trasportato fuori regione, a Rovigo, Cesena ecc. con aumento spropositato di costi, non solo economici, ma anche ambientali (basti pensare alle emissioni connesse al trasporto con camion).
Il WWF chiede maggiore trasparenza sugli accordi con impianti fuori regione soprattutto per quanto concerne i prezzi. Sono state fatte adeguate analisi di mercato nella scelta degli impianti? Possono essere pubblicati sui siti i dati (preventivi, ecc.) di queste analisi di mercato?
Nel frattempo bisogna colmare il deficit strutturale nella nostra regione. L'Abruzzo corre il rischio di andare in emergenza sui rifiuti per le gravissime inadempienze e per l'incapacità e la mancanza di volontà di tante amministrazioni che non hanno attivato piattaforme ecologiche già pronte o costruito impianti di compostaggio favorendo di fatto l'attuale regime di gestione dei rifiuti quasi monopolistico.

Il presidente Chiodi e le sue dichiarazioni “incendiarie”
Chiodi si pone e ci pone fuori dall'Unione Europea perché invece di colmare il divario che ci separa dalle regioni più virtuose in tema di gestione dei rifiuti opera per approfondire il baratro che già esiste tra noi e loro. Chiodi – come il suo predecessore Del Turco – non fa altro che parlare di inceneritori che sono macchine complesse che hanno bisogno di enormi quantità di contributi pubblici per essere costruiti e funzionare. Senza finanziamenti pubblici non reggono. Poi ci vogliono anni, se non decenni, per costruirne uno mentre impianti di compostaggio per l'umido e piattaforme ecologiche per il riciclo possono essere realizzate in pochi mesi. Gli inceneritori sono, inoltre, contro il riciclo, come è emerso chiaramente, al di là delle questioni penali, nelle recenti inchieste della Procura di Pescara. Chiodi dimentica di dire che gli inceneritori hanno “fame” di grandi quantità di rifiuti e in una regione piccola come l'Abruzzo, se si opera finalmente per ridurre la produzione di rifiuti e per arrivare al 70/80% (a anche di più) di differenziata e riciclo, rimarrebbe una quantità di rifiuti tale da rendere impossibile anche solo ipotizzare da un punto di vista economico la necessità di qualsiasi tipo di inceneritore. Quindi c'è un problema di logica che Chiodi dovrebbe spiegare: come si fa ad alimentare un inceneritore in Abruzzo se l'Unione Europea dice chiaramente che bisogna produrre meno rifiuti e riciclare prima di bruciare? Si vuole forse puntare ad importare rifiuti da bruciare?
Chi vuole proporre inceneritori è fuori dal tempo, visto che ormai esistono tutte le tecnologie e le filiere per riciclare anche il 100% dei materiali raccolti con la differenziata. Serve solo la volontà politica. Invece Chiodi dedica sostanzialmente tutte le sue conferenze stampa sul tema dei rifiuti per promuovere l'incenerimento invece che dire chiaramente quali sono le priorità di legge. Il Presidente dovrebbe dire ai cittadini e alle aziende: dobbiamo ridurre la produzione dei rifiuti e dobbiamo riciclare. Dobbiamo fare la raccolta differenziata spinta con il porta a porta che sta dando enormi risultati anche in Abruzzo.

Incenerimento, qualità dell'aria e salute
Appare incredibile che il Presidente non accenni al fatto che la Regione Abruzzo non riesce ad assicurare neanche il monitoraggio della qualità dell'aria secondo i criteri del suo stesso Piano approvato nel lontano 2007. L'ARTA non riesce a cercare le diossine per problemi di strumentazione. Figuriamoci se noi cittadini possiamo credere alla capacità di monitorare le emissioni di gas pericolosi che la combustione dei rifiuti comunque provocherebbe. L'emergenza si supera attuando le norme e non cercando scorciatoie che rischiano solo di bloccare per decenni l'Abruzzo su una tecnica di gestione dei rifiuti ormai ritenuta obsoleta anche a livello europeo.
L'incenerimento provoca emissioni estremamente pericolose (IPA; diossine; polveri sottili) e sono decine gli studi scientifici pubblicati su riviste internazionali che associano l'aumento di rischio di alcune patologie (asma; tumori; malattie cardio-circolatorie) alla vicinanza agli inceneritori.

Una breve cronistoria della crisi dei rifiuti in Abruzzo
Una grande responsabilità di questo fallimento lo ascriviamo alla Giunta regionale del presidente Pace che azzerò il piano rifiuti approvato dalla precedente Giunta Falconio bloccando tutto proprio per promuovere gli inceneritori. Non riuscì in 5 lunghi anni ad approvare il “suo” nuovo piano che aveva affidato a consulenti esterni. In quegli anni si allargç il gap rispetto alle altre regioni più virtuose: la raccolta differenziata langue, non si rinnova l'impiantistica adeguandola alla normativa comunitaria ed italiana e non si programma. È in quegli anni che cova sotto la cenere la bomba delle discariche che deflagra nel triennio 2006-2008, con la chiusura, tra denunce del WWF e sequestri della Magistratura, di moltissime discariche la cui gestione era del tutto fuori norma.
In molti casi il percolato andava direttamente nei fiumi. Due sono i simboli di questa situazione: il crollo della discarica La Torre a Teramo che è costato 6 milioni di euro solo per la messa in sicurezza d'emergenza, e il nuovo sversatoio del CIVETA a Cupello costruito ed aperto (grazie ad un'ordinanza sindacale reputata del tutto illegittima dalla Regione - stiamo parlando dello stesse sindaco che ora si è candidato per ospitare l'inceneritore; speriamo che non voglia seguire le stesse procedure adottate per la nuova discarica del CIVETA!) senza aver concluso la procedura della Valutazione di Impatto Ambientale, ora concessa clamorosamente “in sanatoria” a più di due anni di distanza dall'entrata in funzione. Inoltre l'inerzia di regione e consorzi, maturata nel quinquennio della giunta Pace, ha fatto sì che le discariche chiuse in quel periodo rimanessero sostanzialmente abbandonate a loro stesse, mentre la legge ne prevedeva la messa in sicurezza e la bonifica.
Pochi sanno che tuttora esiste una durissima procedura d'infrazione comunitaria per queste discariche che sono ben 37 in tutta la regione.
I consorzi hanno enormi responsabilità nella crisi dei rifiuti che stiamo vivendo non solo per la cattiva gestione degli impianti già esistenti che ha distolto risorse di tempo e di denaro immense (basti pensare che al CIVETA l'anno scorso la regione ha concesso oltre 1 milione di euro per cercare di tamponare una situazione fuori controllo), ma soprattutto per non aver organizzato la raccolta differenziata e non aver realizzato gli impianti collegati al riciclo, come quelli di compostaggio dove portare la frazione umida per farne ottimo terriccio. Hanno invece preferito continuare a saturare le poche discariche ancora in funzione e ad avvantaggiare economicamente i privati che gestiscono questi impianti. Il WWF denuncia da anni questa situazione. Sorprende che Chiodi se ne accorga solo ora. Dimentica che impiegò molto del suo prezioso tempo da amministratore per cercare di ampliare la discarica la Torre, il cui crollo fece comprendere la totale inadeguatezza di quell'idea. Quello commesso da Chiodi quando era sindaco è simile a tanti altri errori fatti da amministratori abruzzesi. Tutto ciò ci ha portato oggi alla follia di dover trasportare a 220 euro a tonnellata l'umido in Emilia Romagna facendo aumentare i costi della differenziata quando basterebbe realizzare impianti di compostaggio in ogni provincia. Ora Chiodi vuole perseverare con l'errore compiuto dal suo collega Pace puntando su inceneritori (e non capiamo perché insiste a chiamarli termovalorizzatori visto che tutta Europa e la stessa direttiva comunitaria 98/2008 li chiama inceneritori).

La localizzazione dei nuovi impianti
Uno dei problemi attuali riguarda le strutture tecniche che non sono adeguate al compito. Basti pensare che ancora oggi la procedura di localizzazione dei nuovi impianti ignora l'uso di tecniche cartografiche che ornai usano tutti in Europa come il GIS. Nella localizzazione di impianti di tale rilevanza è, infatti, indispensabile l'uso delle migliori tecnologie per arrivare ad ipotesi che rispondano a caratteri oggettivi. Il GIS consente intanto di reperire in maniera oggettiva le aree idonee a scala provinciale (ad esempio, si possono individuare tutte le aree della provincia che soddisfano i requisiti minimi posti, come la distanza dai fiumi o quella dalle case) sovrapponendo tante carte tematiche digitalizzate (geologia; suolo; presenza di edifici ecc.). Poi, se vi sono più aree, si procede ad una selezione sempre più fine per mitigare il più possibile l'impatto. Questo eviterebbe contestazioni da parte dei cittadini che spesso è legata alla mancanza di trasparenza sulle procedure che guidano la localizzazione degli impianti.
Il ricorso al TAR del WWF sulla discarica di Gioia dei Marsi (Valle dei Fiori) si basa anche su questo aspetto. Prima di fare ricorso chiedemmo alla regione di usare il GIS, visto che anche il Comitato VIA della Regione aveva evidenziato la criticità del sito posto a 1.000 metri di quota e al di sopra di un acquifero importante, chiedendo al Servizio rifiuti di valutare la non delocalizzabilità dell'impianto. Invece di usare il GIS la Regione si è limitata a chiedere ai sindaci dei comuni dell'area se esistevano altre aree in cui localizzare la discarica (senza neanche indicare i requisiti tecnici). Ad una procedura tecnico-scientifica si è così sostituita una procedura amministrativo-politica! Il WWF ha quindi deciso di depositare il ricorso. La stessa richiesta di usare il GIS è stata avanzata in questi giorni dal WWF per la localizzazione della grande discarica in provincia di Pescara. Si tratta di proposte concrete facilmente percorribili in tempi brevi.

Potenziare il servizio rifiuti regionale
Gli uffici regionali devono essere potenziati da tempo per affrontare le crisi ereditate e la gestione del ciclo secondo parametri europei. Il Dirigente del settore ha lanciato più volte il grido d'allarme, anche se poi appaiono incredibili, con queste premesse, le recenti dichiarazioni volte a sostenere la combustione dei rifiuti visto che il ricorso all'incenerimento comporterebbe l'uso di impianti molto complessi che necessitano di un enorme sforzo per quanto riguarda il controllo.