28.10.07

Piano energetico provinciale: le indicazioni del WWF Teramo

Nella scorsa edizione di Energy Square si è discusso di piano energetico provinciale.
Il nostro responsabile, Claudio Calisti, ha partecipato ad un incontro pubblico esprimendo la posizione dell'Associazione. Pubblichiamo qui il documento del WWF.

Il WWF reputa positivamente che gli Enti locali si dotino di piani energetici, perché in questo settore è necessario superare l’improvvisazione che spesso accompagna la scelta di infrastrutturazioni anche pesanti.
La nostra Provincia ha vissuto e sta vivendo un esempio tipico di questa improvvisazione con il primo caso di centrale turbogas “vagante” che dal territorio di Montorio al Vomano si è spostata nel territorio di Teramo (quasi raddoppiando la sua potenza nel tragitto): il tutto senza che nessun strumento di programmazione lo prevedesse ed anzi, come nel caso della centrale da 980 MW proposta dalla Sithe Global Italia srl in Contrada Cortellucci a Teramo, in contrasto con tutti i piani urbanistici vigenti sull’area (piano regolatore generale, piano territoriale provinciale e piano paesistico regionale).
Punto di partenza per un buon piano energetico è un’approfondita analisi di dettaglio delle caratteristiche dell’area su cui si interviene e, soprattutto, dei consumi energetici.
Solo la conoscenza di tali consumi potrà consentire di intervenire per la riduzione e razionalizzazione degli stessi e pianificare i migliori interventi per la produzione.
Un piano energetico deve puntare a:
· riduzione dei consumi,
· maggiore efficienza,
· razionalizzazione della produzione,
· sviluppo di fonti energetiche alternative in sostituzione dei combustibili fossili.
Il tutto per limitare le emissioni di CO2 così da ridurre la dispersione di gas climalteranti in atmosfera e le emissioni pericolose per la salute umana.
E va detto che, in questo settore, il rispetto di quanto stabilito dagli Accordi internazionali va considerato un obiettivo di minima.
Il Protocollo di Kyoto chiede ai Paesi che lo hanno ratificato di ridurre, entro il 2012, del 6,25% le emissioni registrate nel 1990. Gli scienziati dell’IPCC (Comitato intergovernativo per i mutamenti climatici dell’Onu), recentemente insignito, insieme ad Al Gore, del premio Nobel per la pace, ritengono necessaria una riduzione del 60-80% perché la temperatura del globo non superi i 2% di aumento medio nell’arco del XXI secolo.
È quindi indispensabile andare ben oltre gli obiettivi di Kyoto e tutti gli enti locali devono fare in maniera convinta la loro parte.
Servono soluzioni radicali, e servono subito. La nostra economia, più ancora che nel resto dell’Europa, continua a basarsi su logiche non sostenibili, fuori da ogni prospettiva di cambiamento del sistema energetico.
È necessaria una politica orientata su quattro direttrici a forte potenziale di riduzione dei gas climalteranti:
miglioramento dell’efficienza energetica negli usi civili ed industriali;
sviluppo delle fonti rinnovabili;
qualificazione energetica dell’edilizia;
mobilità e trasporti sostenibili.
Applicare queste politiche non solo avrebbe effetti positivi sul terreno ambientale, in un momento in cui gli alti e crescenti prezzi del greggio creano uno svantaggio competitivo per l’Italia, ma consentirebbe anche la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro, la riduzione della nostra dipendenza energetica dall’estero.
Quanto alla riduzione dei consumi, moltissimo è quello che può essere fatto.
Il solo settore residenziale mostra potenziali di risparmio energetico fino al 50% con notevoli benefici ambientali ed economici.
I principali ambiti di intervento sono:
razionalizzazione ed incremento dell’efficienza negli impianti esistenti, definendo obiettivi di risparmio negli usi finali e di recupero termico per altri usi;
architettura bioecologica e solare passivo;
interventi sulla coibentazione dell’involucro che riducano il carico del condizionamento estivo;
uso di materiali ecocompatibili a bassa energia inglobata;
esposizione obbligatoria del certificato energetico per edifici pubblici;
pianificazione urbanistica sostenibile;
promozione di elettrodomestici efficienti (rottamazione di quelli inefficienti);
micro-cogenerazione e rigenerazione.
Altro aspetto fondamentale per un buon piano energetico è dato dalla sua capacità di collegarsi ed agire in sinergia con tutte le altre pianificazioni e programmazioni che insistono sul territorio.
Non si possono sviluppare politiche energetiche efficaci senza integrarle con le politiche di altri settori che incidono sulla produzione di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici in atto: al piano energetico devono quindi accompagnarsi un modello di buon regolamento edilizio che introduca elementi di risparmio dei consumi sia nella fase della costruzione che in quella della gestione delle civili abitazioni e degli uffici, o un efficace piano del traffico e della mobilità che rendano effettivamente competitivo il trasporto pubblico rispetto a quello privato.
Lo sviluppo di fonti energetiche alternative è un altro obiettivo da perseguire con convinzione nell’ottica di una riduzione della produzione da fonti fossili.
In questo settore va investito nel solare (fotovoltaico e termico), nell’eolico, nelle biomasse, stando ben attenti a sviluppare fonti energetiche ad alta efficienza sia in termini di bilanci energetici che in termini di bilancio di emissioni di CO2: solo in questo modo si potranno avere fonti realmente rinnovabili e realmente sostenibili.
Vanno poi valutati con attenzione gli impatti ambientali che impianti industriali finalizzati alla produzione energetiche da queste fonti possono provocare. È il caso delle centrali eoliche la cui installazione deve essere accompagnata da approfonditi studi sugli impatti che essi provocano sul paesaggio, sulla fauna, sul territorio, ecc.
Settore fino ad oggi trascurato è quello della produzione di energia elettrica che sfrutta i salti già presenti all’interno degli acquedotti. Si tratta di una fonte energetica che non comporta nuove captazioni, né pesanti strutture sul territorio. Esempi positivi di questa produzione si registrano nelle Marche e ci si chiede come mai fino ad oggi non è stato possibile mettere in campo questa fonte energetica anche nella nostra regione e in provincia di Teramo in particolare.
Infine, il piano dovrebbe invertire una tendenza ormai consolidata all’accentramento della produzione energetica in grandi impianti.
La produzione da mini e microeolico o da piccoli impianti a biomasse, ad esempio, possono essere estremamente valide nei piccoli centri urbani. Si può sviluppare la generazione distribuita in impianti di piccole e medie dimensioni così da creare sul territorio una rete flessibile, vicina all’utenza, di facile espansione e dalle prolifiche potenzialità di mercato (vista anche la liberalizzazione del settore).